
Rapporto del comitato di studio
Raccomandato alle chiese dal Sinodo di St. Catharines (1997)
delle Chiese Riformate Unite del Nord America (URCNA)
1. IL MANDATO
Il mandato per il comitato provenne dalle chiese quando si riunirono come Alleanza delle Chiese Riformate dal 16 al 18 novembre 1993. L’ARC nominò diversi consigli di chiese come comitato di studio in risposta alla seguente proposta della Grace Reformed Church di Dunnville:
Il consiglio della Grace Reformed Church di Dunnville propone all’Alleanza delle Chiese Riformate di incaricare un certo numero di consigli di chiese che compiano una ricerca nelle Scritture e nelle confessioni riformate per chiarire in cosa consiste il lavoro dei diaconi, suggerendo delle vie che favoriscano lo stimolo e l’interazione reciproci tra le chiese.
Motivazioni:
1. L’attuale fase di transizione delle nostre chiese offre un’eccellente opportunità per tale iniziativa.
2. La divergenza di interpretazione dei dati scritturali riguardanti l’ufficio di diacono e le conseguenti applicazioni diversificate hanno prodotto una mancanza di approccio unificato al lavoro diaconale.
ORDINE DEL GIORNO, 1993 p. 20
In particolare l’Alleanza decise “che la Grace Reformed Church di Dunnville si unisca alle chiese vicine dell’Alleanza per studiare la questione dell’opera dei diaconi (proposta 16) e che, alla successiva riunione dell’Alleanza, si presenti con una proposta.”
VERBALE, 1993 p. 9
I consigli delle seguenti chiese vicine nominarono delle delegazioni per formare il comitato di studio: Ancaster, Balmoral, Dunnville, St. Catharines Immanuel e Wellandport.
Il comitato si propone di seguire un approccio di principio piuttosto che pragmatico. Di conseguenza è opportuno ascoltare, prima di tutto, quello che la Parola di Dio ci riporta riguardo all’idea o al concetto di ufficio.
2. L’UFFICIO
Fondamentale per cogliere il ruolo e l’opera del diacono è la comprensione che l’ufficio diaconale, e in realtà ogni ufficio, si fonda sulla creazione di Adamo da parte di Dio e successivamente nel dare suo Figlio per essere “il capo del corpo, cioè della chiesa” (Colossesi 1:18).
I. L’ufficio alla luce della creazione di Dio
La parola ufficio può essere definita come “una posizione di autorità, dovere o fiducia”. Tale posizione fu assegnata a Adamo, che era stato creato da poco, quando Dio gli affidò il mandato culturale: “Dio li benedisse; e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate […]” (Genesi 1:28).
In Genesi 1:27 leggiamo che Dio creò l’uomo a sua immagine. Nel farlo “gli soffiò nelle narici un alito vitale e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2:7). L’apostolo Paolo si riferisce a questo atto creativo quando scrive nel capitolo sulla risurrezione: “«Il primo uomo, Adamo, divenne anima vivente»; l’ultimo Adamo è spirito vivificante” (I Corinzi 15:45), sottolineando inoltre il valore di tale vocazione.
Una confessione delle chiese riformate sulla creazione dell’uomo da parte di Dio e sulla sua risposta religiosa al Creatore si trova nel terzo Giorno del Signore del Catechismo di Heidelberg, domanda 6: “[…] Dio creò l’uomo buono e a sua immagine, cioè in giustizia e vera santità, affinché potesse conoscere rettamente Dio, suo Creatore, amarlo di cuore e vivere con lui in eterna beatitudine, lodandolo e glorificandolo”. Questa risposta suggerisce il concetto che la chiamata o l’ufficio dell’uomo è di essere profeta, sacerdote e re; questo comporta l’amare Dio sopra ogni cosa e il proprio prossimo come sé stesso, un concetto che sia l’Antico che il Nuovo Testamento insegnano ripetutamente.
Una pietra miliare tra gli studi sull’ufficio di diacono fu quello intrapreso nelle Chiese Riformate dei Paesi Bassi da P. Biesterveld, J. Van Lonkhuyzen e R. J. W. Rudolph. L’opera di 600 pagine pubblicata nel 1907 è intitolata Het Diaconaat e ha aiutato molto il comitato con il suo ampio materiale di ricerca e le sue utili intuizioni. Nel riassumere il concetto fondamentale dell’ufficio nella Scrittura, gli autori concludono: “Amare, amare Dio sopra ogni cosa e il proprio prossimo come sé stessi, questo era l’impulso naturale per l’uomo creato a immagine di Dio” (p. 11).
Concludiamo che anche l’ufficio di diacono nel suo significato fondamentale trova la sua origine nella creazione dell’uomo e nel mandato assegnatogli dal Creatore come suo amministratore sulla terra. La qualità essenziale di ogni ufficio è la diaconía ossia il servizio. Abraham Kuyper osserva: “L’uomo è stato creato per il servizio. Egli è nato ebed Yahweh, [servo del Signore], ed è solo al servizio del suo Dio che è rivestito di potere e dominio” (Encyclopaedie Der Heilige Godgeleerdheid, 1909, III. p. 472). Spostiamo ora l’attenzione sull’ultimo Adamo.
II. L’ufficio alla luce di Cristo
Dio mandò suo Figlio in un mondo di peccato per salvare dei peccatori perduti che avevano rotto il patto e distrutto l’immagine di Dio secondo la quale erano stati creati. In quanto Salvatore, Gesù era il portatore dell’immagine di Dio, il Servo del Signore. Era il Cristo, l’Unto. In risposta alla domanda 31 del Catechismo di Heidelberg “Perché è chiamato Cristo, ossia Unto?”, leggiamo: “Perché è stato prestabilito da Dio Padre e unto con lo Spirito Santo per essere il nostro grande Profeta e Maestro, […] il nostro solo Sommo Sacerdote, […] il nostro eterno Re […]”.
Quando “la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi” (Giovanni 1:14), egli assunse l’ufficio di Servo del Signore, e “a noi era necessario un sommo sacerdote come quello, santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori” (Ebrei 7:26). Cristo “pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, […] umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte” (Filippesi 2:6-8). Così Gesù si mise al servizio (diaconía) del Padre insegnandone la natura essenziale ai suoi discepoli litigiosi quando disse “chiunque vorrà essere grande tra di voi, sarà vostro servitore”, aggiungendo “come il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire” (Matteo 20:26, 28).
Poiché Cristo venne a redimere i suoi e a restaurarne il buon servizio verso Dio, rinnovò anche l’immagine di Dio in loro come era stata in Adamo. Con questa restaurazione arriva la chiamata a vivere come cristiani, a cui ci si riferisce spesso come l’ufficio dei credenti.
L’ufficio di credente è implicito nella domanda 32 del Catechismo di Heidelberg: “Perché sei chiamato cristiano?” La risposta fa eco alla ricostituzione dell’ufficio di Adamo in Cristo: “Perché io, per mezzo della la fede, sono un membro di Cristo e perciò partecipe della sua unzione, così che anch’io possa confessare il suo nome, possa presentarmi a lui in sacrificio vivente di gratitudine e, con una libera coscienza, possa lottare in questa vita contro il peccato e il diavolo e in seguito, nell’eternità, possa regnare con lui su tutte le creature”. Ogni ufficio speciale nella chiesa procede dall’ufficio di credente. Dobbiamo ora concentrarci più direttamente sull’ufficio del diacono nel contesto della chiesa del Nuovo Testamento.
3. UN NUOVO UFFICIO IN UNA NUOVA CHIESA
Gli uffici speciali nella chiesa sono temporanei e funzionano solo su questa terra dove il peccato, il diavolo e il mondo attaccano costantemente i figli di Dio. Così noi confessiamo nella Confessione Belga: “Questa chiesa è esistita fin dall’inizio del mondo ed esisterà anche fino alla fine, come è evidente dal fatto che Cristo è re eterno e non può essere tale senza sudditi. E questa santa chiesa è conservata da Dio contro la rabbia del mondo intero […]” (art. 27). La Confessione afferma inoltre che “questa vera chiesa debba essere condotta secondo il governo spirituale che nostro Signore ci ha insegnato con la sua parola” (art. 30).
Questo “governo spirituale” si riferisce a ministri, anziani e diaconi che insieme formano “il consiglio della chiesa”. Lo scopo di questi conduttori speciali è di “con questo mezzo conservare la vera religione, e far sì che la vera dottrina abbia il suo corso, così che gli uomini viziosi siano corretti spiritualmente e tenuti a freno, affinché in questo modo i poveri e tutti gli afflitti siano soccorsi e consolati, secondo il loro bisogno” (art. 30).
La Parola di Dio si riferisce ai conduttori come “doni [di Cristo] agli uomini” (Efesini 4:8), “per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero (diaconía) e dell’edificazione del corpo di Cristo, fino a che tutti giungiamo all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo” (vv. 12-13).
I . Il principio del diaconato
a. Uso della parola diáconos nel Nuovo Testamento
Il significato del termine diáconos (diacono) nel Nuovo Testamento è considerevolmente più ampio rispetto all’uso esclusivo che se ne fa in riferimento all’ufficio di diacono. Come sostantivo è utilizzato trenta volte con diverse sfumature di significato come: “Beati quei servi che il padrone […]” (Luca 12:37), “[…] il vangelo, di cui io sono diventato servitore […] (Efesini 3:6-7), “il magistrato è un ministro di Dio per il tuo bene […]” (Romani 13:4), e “chiunque vorrà essere grande tra di voi, sarà vostro servitore” (Matteo 20:26). In generale la parola diáconos significa servo.
b. Uso della parola diáconos per l’ufficio di diacono
Ci sono solo due punti nel Nuovo Testamento che si riferiscono chiaramente all’ufficio di diacono. Uno di questi è all’inizio della lettera di Paolo ai Filippesi “a tutti i santi in Cristo Gesù che sono in Filippi, con i vescovi e con i diaconi” (Filippesi 1:1). Entrambe queste due ultime designazioni si riferiscono chiaramente a un ufficio riconosciuto e accettato.
Il secondo si trova in I Timoteo 3, dove la Parola di Dio presenta le qualifiche per i conduttori, prima per il vescovo o anziano e poi per i diaconi (con un doppio utilizzo del termine): “Allo stesso modo i diaconi devono essere dignitosi […]” (v. 8) e “I diaconi siano mariti […]” (v. 12). L’equiparazione dell’ufficio di diacono con quello di vescovo/anziano non lascia dubbi sul fatto che al tempo in cui Paolo scriveva, intorno al 60 d.C., l’ufficio di diacono faceva parte della leadership della chiesa.
c. Scelta dei Sette a Gerusalemme
Luca, l’autore del libro degli Atti, è attento nel comunicare che gli avvenimenti in esso registrati sono sotto la direzione di Gesù, il Signore asceso in cielo. Egli inizia: “Nel mio primo libro, o Teofilo, ho parlato di tutto quello che Gesù cominciò a fare e a insegnare, fino al giorno che fu elevato in cielo” (Atti 1:1-2). Poiché Cristo è il Signore della sua chiesa, il bisogno di sollievo per gli apostoli “nell’assistenza (diaconía) quotidiana” e l’insoddisfazione delle vedove greche (Atti 6:1-2) portarono Cristo a istituire l’ufficio di diacono attraverso la scelta da parte della congregazione e la successiva ordinazione da parte degli apostoli. Questa istituzione del diaconato è documentata in questo modo: “Li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani” (Atti 6:6).
Nella sua saggezza, il Signore usò l’origine del diaconato come un fattore di crescita della chiesa, come si vede dal versetto successivo: “La Parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente” (Atti 6:7). Grazie all’evidente benedizione di Dio sulla chiesa di Gerusalemme, si stavano sviluppando le dinamiche e i mezzi che avrebbero prodotto nuove chiese “in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra” (Atti 1:8). È chiaro dal Nuovo Testamento che gli apostoli, diretti dallo Spirito Santo, consideravano la funzione e il ruolo dei diaconi come parte della leadership di ogni congregazione nel corpo del Signore che stava crescendo.
II. La natura e l’autorità del diaconato
Poiché l’essenza di tutti gli uffici nella chiesa è il servizio (diaconía) verso il suo Signore e Capo nell’esercizio dell’amore per il prossimo, dobbiamo precisare le responsabilità particolari del diaconato. Si troverà un’applicazione più dettagliata del lavoro diaconale nel nostro contesto contemporaneo in una sezione successiva. Nel focalizzarci sulla natura e sull’autorità del diacono e del suo ufficio, abbiamo riportato alcune domande allo scopo di strutturare la nostra presentazione.
a. Qual è il compito generale dei diaconi rivelato nella Scrittura?
Il Nuovo Testamento non contiene una descrizione dettagliata dell’incarico del diaconato. In ogni parte delle Scritture, tuttavia, la cura speciale di Dio per le vedove, gli orfani, gli stranieri e i poveri è ben evidente e nota; di conseguenza non ci soffermeremo a riguardo. Forse le pratiche dei capi ebrei nelle sinagoghe e dei governanti dei sinedri locali di raccogliere cibo e altri beni e distribuirli ai poveri e ai bisognosi erano note alla chiesa di Gerusalemme. Queste, tuttavia, non sono servite come modello per il nuovo ufficio.
Gli elementi che la chiesa di Cristo ha ricevuto a riguardo, in termini di rivelazione di Dio, sono i seguenti: l’uso della parola diaconía insieme alle parole correlate diacono e servire; il riferimento al “servire alle mense”, del quale si lamentavano le vedove greche in Atti 6; i requisiti per i diaconi in Atti 6 e in I Timoteo 3; e la giustapposizione dei termini “vescovi e diaconi” in Filippesi 1:1, epistola scritta a una congregazione che aveva ricevuto assistenza finanziaria dalla chiesa di Gerusalemme.
Il fatto che ci sia una rivelazione limitata su questo tema ha portato a una generale incertezza, degenerazione e sottosviluppo. Molto è stato scritto sull’argomento e nelle Chiese Riformate, mediante lo studio della Parola di Dio, si è raggiunto un livello di comprensione che ha prodotto una nozione di questo ufficio come distinto da quello di anziano, ma che gli equivale in onore e dignità.
Nelle fasi iniziali della nuova chiesa i diaconi furono ordinati come conduttori per promuovere, dirigere e sviluppare la comunione dei santi, ossia quell’amicizia amorevole e premurosa tra i membri del popolo di Dio. Questa descrizione basilare si fonda su un’interpretazione particolare delle circostanze che portarono alla nascita di questo ufficio a Gerusalemme. Infatti, siccome la chiesa stava crescendo rapidamente, la pratica di riunirsi insieme nel tempio e in ognuna delle loro case divenne difficile. In una situazione in cui i credenti avevano forse raggiunto le venticinquemila unità era necessaria una direzione e un’organizzazione per il corretto funzionamento della comunione fraterna.
È toccante leggere il racconto di Luca a riguardo della comunione dei santi a Gerusalemme: “Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le proprietà e i beni, e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno” (Atti 2:44-45); “Infatti non c’era nessun bisognoso tra di loro; perché tutti quelli che possedevano poderi o case li vendevano, portavano l’importo delle cose vendute, e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi, veniva distribuito a ciascuno, secondo il bisogno” (Atti 4:34-35).
La pressione sui dodici apostoli aumentò dopo che la questione di Anania e Saffira venne affrontata in modo potente (Atti 5:1-11), poiché guarivano molti malati (Atti 5:12-16) e dopo che furono arrestati e perseguitati (Atti 5:17-42). Fu “in quei giorni” (6:1) che si sviluppò il problema delle vedove greche. A questo riguardo alcuni hanno affermato che le vedove greche “erano trascurate” e pertanto non ricevevano cibo. Altri hanno detto che “erano state trascurate” nel senso che non avevano ricevuto alcun incarico di rilievo nella distribuzione e quindi erano dispiaciute. Ci sono anche coloro che suggeriscono che la negligenza era dovuta al favoritismo nei confronti delle vedove ebree e a un certo pregiudizio nei confronti delle vedove greche.
Nel valutare le varie spiegazioni, concludiamo che non possiamo essere certi che soltanto una visione sia quella corretta. Si può affermare con sicurezza che in quel momento della storia della chiesa esistevano svariati bisogni che furono l’occasione per il Re della chiesa d’inaugurare il nuovo ufficio di diacono. Sebbene il compito del diacono non sia definito con precisione, esso si concretizza in un servizio (diaconía) amorevole e disponibile che ha come scopo la felicità, la gioia e la pace durature nella comunione dei credenti.
Così comprendiamo che la motivazione o la valutazione degli apostoli non si limitò ad ascrivere il diaconato esclusivamente al compito di provvedere del cibo ai più poveri. La loro base logica fu: “Non è conveniente che noi lasciamo la Parola di Dio per servire alle mense” (6:2). L’ultima frase del versetto 2 nel testo originale greco riporta “servire (diaconéin) alle mense” e si riferisce alla distribuzione quotidiana di cibo che nell’originale è denominata “assistenza (diaconía) quotidiana” (v. 1), che a sua volta fa riferimento alla pratica quotidiana dei credenti che “rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio […]” (Atti 2:46-47).
La priorità degli apostoli era “la Parola di Dio” (così come risulta al v. 2 del capitolo 6, mentre al v. 4 si dice “ministero [diaconía] della Parola”); così la crescente responsabilità del prendersi cura del benessere, della felicità e della gioia dell’elevato numero di figli di Cristo, riassunta con l’espressione “servire alle mense”, fu trasferita da quel momento ai sette uomini scelti dalla comunità (“la moltitudine dei discepoli” v. 2). Leggiamo che gli apostoli affidarono loro questo incarico al versetto 3.
Dato che le Scritture non forniscono altra rivelazione tangibile sull’incarico generale dei diaconi, concludiamo che la Parola di Dio insegna che il mandato per il diaconato contiene i seguenti elementi normativi:
- L’ufficio di diacono è un’espressione particolare e specializzata dell’ufficio di tutti i credenti.
- Nel loro compito e nella loro chiamata i diaconi insegnano l’amore del Salvatore per i suoi, lo dimostrano e ne danno esempio.
- L’obiettivo primario dei particolari doveri e compiti dei diaconi è quello di promuovere e sviluppare la comunione dei santi.
- L’applicazione del mandato diaconale varia a seconda delle circostanze e delle necessità.
b. Quali sono le caratteristiche scritturali del diacono?
Ci sono due brani nel Nuovo Testamento che trattano le qualifiche dei credenti nella chiesa che servono come diaconi. Il primo, Atti 6:3, fornisce un principio generale, mentre il secondo, I Timoteo 3:8-12, presenta delle virtù pratiche.
La condizione che gli apostoli posero alla chiesa riguardo ai sette uomini da selezionare si basava sulla loro reputazione. Qualunque sia stato il processo d’elezione, la congregazione dovette scegliere uomini “dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza” (Atti 6:3). Il giorno di Pasqua il Salvatore risorto aveva affidato agli apostoli il mandato, dopo di che “soffiò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo»” (Giovanni 20:22). Inoltre, il giorno di Pentecoste il Signore asceso aveva mandato il suo “Consolatore” promesso a tutta la chiesa, con il risultato che “tutti furono riempiti di Spirito Santo” (Atti 2:4).
Così, quando, poco tempo dopo la Pentecoste, gli apostoli ordinarono ai discepoli di scegliere sette uomini pieni di Spirito Santo, essi dovevano eleggerli sulla base di come lo Spirito operava in loro. I candidati dovevano possedere una saggezza comprovata che sarebbe stata necessaria per gestire la distribuzione del cibo e la comunione dell’enorme congregazione. La Parola di Dio osserva, tramite le parole di Paolo, che abbiamo “carismi differenti secondo la grazia che ci è stata concessa, […] chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordie, le faccia con gioia” (Romani 12:6, 8). Il dono particolare di cui il diacono ha bisogno è il discernimento spirituale, in modo che, come conduttore del popolo di Dio, sia un “uomo spirituale [che] giudica ogni cosa” (I Corinzi 2:15).
Il principio generale rivelato in Atti 6 riguardo alla chiesa di Gerusalemme è anche alla base delle virtù pratiche che troviamo in I Timoteo 3 per i diaconi di Efeso, che sono caratteristiche bibliche necessarie. È a Efeso che l’apostolo Paolo ha inviato il discepolo Timoteo al quale invia la sua prima lettera. Egli evidenzia: “Ti scrivo queste cose […] affinché tu sappia, nel caso che dovessi tardare, come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è la chiesa del Dio vivente” (I Timoteo 3:14-15).
La natura, l’importanza e la dignità dell’ufficio di diacono possono essere chiaramente comprese dalle otto caratteristiche elencate in I Timoteo 3:8-12. Ci limiteremo a presentarle qui in forma sintetica, facendo notare che sono quasi identiche ai requisiti per gli anziani.
- Essere degno di rispetto.
- Essere sincero.
- Non essere propenso a molto vino.
- Non perseguire guadagni disonesti.
- Custodire le profonde verità della fede.
- Essere irreprensibile dopo essere stato esaminato.
- Essere marito di una moglie.
- Gestire bene la famiglia e i figli.
c. Esiste un supporto biblico per le donne diacono?
Nei tempi in cui accadevano i fatti della Bibbia la questione delle donne diacono non si poneva. In alcuni momenti eccezionali, tuttavia, nell’Antico Testamento sono menzionate due donne che ricoprono cariche, Debora (giudice) e Culda (profetessa). Nel Nuovo Testamento questa pratica non esiste. Infatti, ci sono diverse ragioni evidenti per cui la scelta dei diaconi (e degli anziani e dei ministri) deve essere limitata agli uomini.
- Atti 6:3 usa una parola per gli uomini che si focalizza sull’idea di “maschio” piuttosto che di “uomo” (usato in modo generico).
- I Timoteo 3:12 specifica che i diaconi “siano mariti di una sola moglie” e si riferisce anche alle “loro mogli” nel verso 11 [Diodati e Nuova Diodati].
- I Timoteo 2:12 insegna che una donna non può ricoprire un ufficio, poiché non può insegnare o avere autorità su un uomo.
Ci sono, naturalmente, molte donne nel Nuovo Testamento che servono il Signore nel contesto della chiesa. Febe è una di queste. Di lei si afferma: “Febe, nostra sorella, che è diaconessa (diáconos) della chiesa di Cencrea” (Romani 16:1). Altre traduzioni usano la parola “diaconessa”[1]. Tabita è chiamata “una discepola […] che […] faceva molte opere buone ed elemosine” (Atti 9:36). A Efeso e forse in altre chiese c’era un “catalogo” delle vedove che avevano più di sessant’anni e che si dedicavano “a ogni opera buona” (I Timoteo 5:9-10). Concludiamo categoricamente che le Scritture non ammettono donne diacono.
d. I diaconi hanno un’autorità che proviene dalle Scritture?
“Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra” (Matteo 28:18), disse il Re della chiesa ai suoi discepoli. Egli esercita questa autorità mentre governa in cielo, seduto alla destra del Padre. La chiesa confessa la signoria di Cristo con queste parole in risposta alla domanda 123 del Catechismo di Heidelberg: “[…] governaci mediante la Parola e lo Spirito così che ci sottomettiamo sempre di più a te”.
Abbiamo notato in precedenza che Cristo in quanto capo della chiesa è il secondo e ultimo Adamo, e il grande Profeta, Sacerdote e Re, che chiama tutti coloro che credono in lui a essere profeti, sacerdoti e re. La Parola afferma: “Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove” (II Corinzi 5:17).
I credenti, che sono chiamati agli uffici sopracitati, sono guidati e diretti dai conduttori che Cristo ha nominato nella sua chiesa come ministri, anziani e diaconi. A volte si dice che il consiglio della chiesa locale è “autonomo”, il che significa che si autogoverna e che nessun altro organo di una chiesa differente può esercitare la sua autorità su una congregazione particolare. L’ufficio di diacono o il diaconato, tuttavia, non è autonomo. La natura stessa del servizio del diacono richiede la supervisione dell’ufficio dell’anziano o vescovo. Ritorneremo su questo argomento in una sezione successiva.
Ciononostante, anche l’ufficio diaconale è investito di autorità. Dall’istituzione dell’ufficio a Gerusalemme risulta che gli apostoli conferirono ai diaconi un tipo di autorità. Essi dissero “ai quali [i sette uomini] affideremo questo incarico” (6:3). La grammatica della lingua originale greca si riferisce a un’autorità che è accompagnata dalla responsabilità. Che l’ufficio di diacono abbia un proprio valore e una propria posizione significativa è ulteriormente evidenziato dalle preghiere di ordinazione e dal fatto che gli apostoli “imposero loro le mani” (6:6), a indicare che erano stati scelti dallo Spirito Santo per un compito speciale, nello stesso modo in cui Barnaba e Saulo ad Antiochia furono mandati come missionari (Atti 13:2-3).
La vera fonte dell’autorità di un diacono risiede nel fatto che il Signore stesso lo ha chiamato a tale ufficio. E coloro che il Signore chiama sono anche dotati di capacità e autorità. Infatti la parola greca che stiamo considerando nel Nuovo Testamento è tradotta con la parola “diritto” (come in Giovanni 1:12) e con “potere” (come in Matteo 28:18).
e. Secondo la Scrittura l’analogia del sacerdote si applica al diacono?
Nel concludere la presentazione della natura biblica dell’ufficio di diacono, dobbiamo menzionare brevemente l’analogia, spesso usata, di profeta, sacerdote e re che viene applicata a ministri, diaconi e anziani. L’uso espresso e diretto di questa analogia per l’ufficio di diacono non si verifica nella Scrittura. Tuttavia, quando i tre uffici sono visti alla luce della loro unità in Cristo e della loro stretta connessione con l’ufficio di tutti i credenti (talvolta chiamato il sacerdozio di tutti i credenti), è buono considerarli tutti e tre in riferimento al diacono.
Forse bisogna ammettere che l’uso di “analogia” in questo contesto è un po’ impreciso, perché l’intento è quello di trasmettere che Cristo, come secondo Adamo e Capo della chiesa, svolge le sue opere nella chiesa come nostro Profeta e Maestro, come nostro unico Sommo Sacerdote e come nostro Re eterno (cfr. il Catechismo di Heidelberg, Giorno del Signore 12) anche per mezzo dei tre uffici (ministro, anziano e diacono). La separazione dei tre “uffici” in Cristo è impossibile e solo dalla Parola di Dio possiamo imparare a distinguerli.
Bisogna procedere con cautela quando ci si riferisce alla funzione “sacerdotale” del diacono, poiché la chiesa scivolerebbe verso il formalismo se il ministro si guardasse bene dal oltrepassare i confini dell’attività di anziano, se quest’ultimo, a sua volta, si tenesse lontano da ogni attività sacerdotale, e se il diacono evitasse qualsiasi cosa legata alla profezia o al governo. Non dovrebbe sfuggire alla nostra attenzione come il modulo per l’ordinazione degli anziani e dei diaconi tratti con attenzione l’argomento. Il formulario afferma che “l’ufficio di anziano si basa sulla regalità di nostro Signore Gesù Cristo”, mentre “l’ufficio di diacono si basa sull’interesse e sull’amore di Cristo per i suoi” (Psalter Hymnal, p. 175). Tale cautela è utile, poiché l’analogia applicata al diacono non è così chiara come quella del ministro e dell’anziano.
4. BREVE STORIA DELL’UFFICIO DI DIACONO
Conoscere la storia dell’ufficio di diacono non solo aiuta la chiesa a evitare gli errori del passato, ma permette anche al popolo di Dio di vedere la fedeltà del Signore. C’è una grande ricchezza di materiale disponibile sulla storia del diaconato, la maggior parte del quale non rientra nello scopo di questa relazione. Abbiamo riassunto a grandi linee, concentrandoci su due periodi formativi per l’ufficio del diacono: la chiesa primitiva e l’era della Riforma.
I. Sviluppo e declino, 100-500 d.C.
Alla fine dei tempi biblici, non si può affermare con certezza se il diaconato si sia sviluppato molto oltre il suo punto di partenza di “servire alle mense”. Solo quando i successori degli apostoli piantarono le chiese per tutto il Mar Mediterraneo, si possono trovare nei loro scritti i resoconti dello svolgimento dell’opera dei diaconi. Questi padri apostolici, come vengono chiamati, incoraggiarono le offerte regolari e svilupparono dei diaconati più o meno indipendenti nelle chiese, ma sempre sotto la diretta supervisione del vescovo della chiesa. Questi primi scritti si trovano in The Apostolic Fathers (a cura di J. B. Lightfoot e J. R. Harmer, 1962).
Il graduale declino dell’ufficio di diacono è strettamente legato alla crescente tendenza nella chiesa primitiva verso la gerarchizzazione. Fu nell’incontro con lo gnosticismo durante il secondo secolo, un’eresia che molti considerano l’equivalente del fenomeno New Age di oggi, che si sviluppò l’idea che l’episcopato formasse una successione ininterrotta con gli apostoli di Cristo, e che l’autorità dei vescovi fosse, in certi casi, indiscutibile. Un’altra conseguenza fu la distinzione netta e la divisione tra “il clero” e “i laici”.
L’ufficio di diacono divenne una posizione pienamente retribuita nella chiesa, soggetta al vescovo. Quest’ultimo era visto come “il mediatore tra Dio e i poveri”, mentre i diaconi erano “l’orecchio e l’occhio del vescovo”. Il Concilio di Nicea nel 325 d.C. discusse il posto dei diaconi nella chiesa e registrò nel Canone 28 che essi sono “servi (uperétai) del vescovo”.
La chiesa stava cominciando a insegnare che la povertà era un onore e il chiedere l’elemosina una virtù. Nei secoli successivi numerosi ricchi proprietari terrieri cedettero i loro possedimenti alla chiesa, che divenne molto ricca, mentre molti benestanti e nobili intrapresero una vita di mendicanza e molti divennero eremiti. Le buone opere divennero sempre di più un mezzo per guadagnare la salvezza.
Mentre il Medioevo stava per iniziare, l’ufficio di diacono, nel modo in cui lo insegna la Bibbia, non esisteva più. Lo storico della chiesa Philip Schaff conclude: “Quando il vescovo fu innalzato al di sopra del presbitero (anziano) e il presbitero divenne sacerdote, il diacono fu considerato come un levita, e la sua funzione primaria di cura per i poveri si perse a vantaggio dell’assistenza del sacerdote in alcune parti del culto pubblico e nell’amministrazione dei sacramenti. Il diaconato divenne il primo dei tre ordini del ministero e un trampolino di lancio verso il sacerdozio” (History of the Christian Church, Vol. 1, p. 231).
II. La riforma del diaconato
Durante il Medioevo lo sviluppo dei monasteri e di ordini religiosi come i domenicani e i francescani ebbe un profondo impatto sui ministeri sociali, educativi e caritatevoli della chiesa. Queste istituzioni paraecclesiastiche sono state fondamentali nel costruire ospedali, orfanotrofi e scuole, e nel rifornirli di personale. Alcuni ordini si facevano carico della cura degli indigenti, ma di norma era lo stato che si prendeva cura dei poveri.
Quando Dio, nella sua benevola cura per la sua chiesa, suscitò i riformatori nel XVI secolo per riportare i suoi figli alla sua Parola, non c’erano modelli contemporanei su cui basare la riforma del diaconato. Lutero cercò inizialmente di stabilire dei diaconati indipendenti, chiamandoli “servizi di misericordia” nel suo opuscolo Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca. Tuttavia, il grande riformatore era concentrato sul fatto che la Parola di Dio fosse predicata e che i peccatori fossero salvati, e non aveva interesse né talento per le questioni organizzative. Egli sfidò la nobiltà e le autorità civili a fermare la tendenza all’accattonaggio e a provvedere ai poveri.
In linea con la visione di Lutero, i luterani in Germania svilupparono un sistema territoriale in cui non c’erano congregazioni che si governavano autonomamente, ma solo una chiesa nazionale. Ancora oggi la chiesa e lo stato sono strettamente connessi nei paesi luterani. Dopo la riforma, le chiese in Germania raccoglievano il denaro per i bisognosi, ma i fondi erano distribuiti dalle autorità civili. Leggendo i vari resoconti storici è evidente che il concetto biblico di ufficio in generale, e quello di diacono in particolare, non si sono sviluppati nei paesi luterani, una mancanza che si riflette nel loro ben noto credo, la Confessione di Augusta del 1530. Notiamo che in tutti gli ordini ecclesiastici delle chiese luterane prodotti dopo il 1550 il ruolo dei diaconi di prendersi cura dei bisognosi non è menzionato affatto.
Siccome anche Zwingli fu un importante riformatore, il suo punto di vista sul diaconato è degno di nota. Zwingli considerava che fosse responsabilità del governo di Zurigo, dove lavorava, preoccuparsi della cura dei poveri e dei bisognosi. Il risultato fu che il diaconato inteso come ministero della chiesa era inesistente. Infatti non si facevano nemmeno collette nei servizi di culto a scopo diaconale. Tra l’altro notiamo che la visione zwingliana della stretta relazione tra chiesa e stato fu adottata da Enrico VIII in Inghilterra. Così la chiesa anglicana divenne una chiesa di stato. Anche qui il governo provvedeva ai poveri e ai bisognosi e quindi l’ufficio di diacono non si sviluppò, nonostante i re successivi tentarono di introdurre alcuni cambiamenti.
Fu Giovanni Calvino che a Ginevra fu usato da Dio per riformare l’ufficio di diacono. Ciò che spicca nei suoi scritti è la convinzione che Cristo riunisce il suo popolo in modo visibile come chiesa a livello locale, e che tale congregazione ha ricevuto dal suo Signore dei conduttori che formano un consiglio che governa la chiesa locale in modo autonomo. Nella sua opera più influente, le Istituzioni della Religione Cristiana, Calvino considera l’ufficio di diacono come uno degli uffici della chiesa. Egli conclude la sua trattazione di questo ufficio concentrandosi su Atti 6, osservando: “Questi furono i diaconi dell’età apostolica, e tali uomini dobbiamo avere oggi seguendo l’esempio della chiesa primitiva” (IV, 3, 9)[2].
In contrasto con Lutero, la cui visione della chiesa condusse all’abbandono del diaconato, l’ecclesiologia di Calvino, basata sulla sua lettura delle Scritture, portò all’adozione di un nuovo ordine ecclesiastico a Ginevra nel 1541, che definiva anche il compito dei diaconi. Ai diaconi “fu assegnata la cura dei poveri e la supervisione dell’ospedale”, riporta Williston Walker in A History of the Christian Church (1959, p. 354). Calvino stesso spiega la sua interpretazione di Romani 12:8 nelle Istituzioni: “Se non mi inganno, nel primo caso, egli allude ai diaconi che distribuivano le elemosine, nel secondo a quelli incaricati di provvedere ai poveri e servirli” (IV, 3, 9). Così Calvino concepì “due tipi di diaconi: i primi al servizio della Chiesa nell’amministrazione e nella distribuzione dei beni ai poveri, i secondi nel provvedere agli ammalati ed agli altri indigenti” (IV, 3, 9). Piacque a Dio stabilire a Ginevra una forte chiesa e un’accademia riformate. Molti leader riformati studiarono lì e tornarono nei loro paesi attuando e adattando l’insegnamento di Giovanni Calvino nel loro ambiente. Forti influenze riformate erano all’opera in Francia, nei Paesi Bassi, in Scozia e tra i puritani in Inghilterra. Mentre nelle confessioni riformate di quei paesi si ritrova molto del linguaggio di Calvino, non tutti i punti di vista e le pratiche di Ginevra sono stati ripresi.
Così gli ugonotti francesi riconoscevano solo tre uffici nella chiesa piuttosto che i quattro che Calvino insegnava (IV, 3, 4), omettendo i suoi “dottori”. I francesi definirono queste cose nella Confessione Francese e in modo più dettagliato nell’ordine ecclesiastico francese, adottato nel Sinodo di Parigi del 1559. A. D. R. Polman cita la descrizione dell’opera del diacono da quell’ordine ecclesiastico in Onze Nederlandse Geloofsbelijdenis (Vol. 4, p. 21): “Per quanto riguarda i diaconi, il loro compito è quello di ricevere e distribuire, con il consiglio del concistoro, il denaro per i poveri, per i carcerati e per i malati; di visitarli, e anche di catechizzare nelle case”. Il Sinodo di Orleans (1562) eliminò la catechesi pubblica come prerogativa dei diaconi.
Dio, nella sua benevola provvidenza, preservò le sue chiese riformate in Europa quando le difficoltà economiche e le persecuzioni politiche in Francia, nei Paesi Bassi e altrove spinsero molti dei loro membri all’esilio. Mano a mano che chiese di rifugiati venivano stabilite a Ginevra, Londra, nelle isole inglesi della Normandia e nell’Olanda meridionale, l’ufficio di diacono prosperò. Nessuna di queste congregazioni mantenne le due classi di diaconi prescritte da Calvino e tutte svilupparono diaconati attivi.
Queste chiese di rifugiati con i rispettivi diaconati furono influenzati più direttamente dall’ordine ecclesiastico francese che da quello di Ginevra. Questi vari filoni conversero nella Convenzione di Wezel (1568), sotto la guida di Petrus Dathenus, dove fu composta una descrizione dettagliata dell’opera dei diaconi che così iniziò a funzionare nelle chiese riformate dei Paesi Bassi. Queste chiese adottarono inoltre la forma di ordinazione dei diaconi come elaborata nelle isole della Normandia e leggermente modificata a Londra. Così Dio nella sua sovranità ha usato una sorprendente varietà di persone e circostanze per garantire al suo popolo il servizio diaconale attraverso i secoli, e anche nel XX secolo egli sta preservando l’ufficio di diacono.
5. IL RUOLO DEL DIACONATO OGGI
Il Re della chiesa ha istituito l’ufficio di diacono come un fattore di benedizione permanente per il suo popolo per tutti i secoli. Così “il governo spirituale che nostro Signore ci ha insegnato con la sua parola” include anche dei diaconi che si impegnano “affinché in questo modo i poveri e tutti gli afflitti siano soccorsi e consolati, secondo il loro bisogno.” (Confessione Belga, 30). Questa formulazione particolare del ruolo del diaconato avvenne nel 1561 al tempo della Riforma. La Confessione esprime la rivelazione biblica riguardante l’ufficio diaconale in termini di principio, che si applica a tutti i secoli e alla chiesa nel suo intero; la pratica del suo svolgimento, tuttavia, varia a seconda delle necessità e delle circostanze. Richiamiamo l’attenzione sull’importanza di questa distinzione, affinché non si verifichi un’adesione pedissequa a un ordine ecclesiastico tradizionale, per esempio.
I. Descrizione del ruolo del diacono
Le responsabilità dei diaconi nelle chiese riformate del XVI secolo erano generalmente descritte nei relativi ordini ecclesiastici e moduli di ordinazione. Quelle che sono perdurate hanno avuto origine nelle chiese dei rifugiati e, dopo la Convenzione di Wezel (1568), sono entrate nelle chiese riformate dei Paesi Bassi al Sinodo di Embden (1571). Al Sinodo di Dort (1618-19) fu adottata una versione revisionata di questi documenti, la quale ha guidato le chiese riformate fino ad oggi. Notiamo che le chiese riformate dei rifugiati affrontarono gravi difficoltà politiche ed economiche, e la povertà era diffusa. Il risultato fu che i loro ordini ecclesiastici sottolinearono che il compito principale dei diaconi era l’alleviamento dalla fame e la cura dei poveri e dei bisognosi. Tale enfasi fu incorporata nell’ordine ecclesiastico di Dort, e regolò l’opera dei diaconi durante i secoli successivi.
È utile osservare la differenza tra come l’ordine ecclesiastico di Dort e il relativo modulo per l’ordinazione dei diaconi sono stati impiegati nella lingua inglese in Nord America all’inizio e alla fine del ventesimo secolo. Lo sviluppo e l’adattamento di questi documenti illustrano il cambiamento del mandato pratico per i diaconi in un clima sociale ed economico mutevole, pur continuando a essere fedeli alle Scritture e alle confessioni. Abbiamo selezionato la formulazione della Chiesa Riformata Cristiana del 1914 e l’attuale ordine ecclesiastico e il relativo modulo di ordinazione delle Chiese Riformate Canadesi.
a. Il ruolo e il mandato nel 1914
- L’ufficio peculiare dei diaconi è quello di raccogliere diligentemente le elemosine e gli altri contributi di carità e, dopo essersi consultati reciprocamente, di distribuirli fedelmente e coscienziosamente ai poveri secondo le loro necessità; di visitare e confortare, inoltre, i bisognosi e di fare attenzione che le elemosine non siano usate in modo improprio. Di questo dovranno rendere conto al concistoro e anche (se qualcuno desidera essere presente) alla congregazione, nel momento in cui il concistoro riterrà opportuno.
Nei luoghi in cui altri si dedicano alla cura dei poveri, i diaconi cerchino una mutua intesa con loro, affinché le elemosine siano meglio distribuite tra coloro che ne hanno più bisogno. Inoltre, facciano in modo che i poveri possano usufruire delle istituzioni di misericordia, e a tal fine chiedano al consiglio di amministrazione di tali istituzioni di tenersi in stretto contatto con loro. È anche auspicabile che i diaconati si assistano e si consultino a vicenda, specialmente nella cura dei poveri in tali istituzioni.
(Art. 25 e 26, Ordine Ecclesiastico della Chiesa Riformata Cristiana)
- L’ufficio di diacono si fonda sulla cura e sull’amore di Cristo per i suoi. Questa cura è così grande che egli ritiene che ciò che viene fatto ai minimi dei suoi fratelli sia fatto anche a lui, rendendo così i bisognosi suoi rappresentanti nel ricevere la nostra espressione di compassione e il nostro servizio benevolo sulla terra.
L’opera dei diaconi consiste nella fedele e diligente raccolta delle offerte che il popolo di Dio, in segno di gratitudine, rende al suo Signore; nella prevenzione della povertà; nell’umile e gioiosa distribuzione dei doni a seconda del bisogno; e nel soccorso dei bisognosi sia con atti gentili che con parole di consolazione e di incoraggiamento dalle Scritture.
(Modulo per l’ordinazione dei diaconi nella CRC).
b. Il ruolo e il mandato nel 1995
- I doveri specifici dell’ufficio dei diaconi sono: assicurarsi che ci sia un buono sviluppo del servizio di carità nella congregazione; conoscere le necessità e le difficoltà esistenti ed esortare i membri del corpo di Cristo alla misericordia; e inoltre raccogliere e gestire le offerte e distribuirle nel nome di Cristo secondo il bisogno. Essi devono incoraggiare e confortare con la Parola di Dio coloro che ricevono i doni dell’amore di Cristo, e promuovere, sia con le parole che con le azioni, l’unità e la comunione nello Spirito Santo che la congregazione gode alla tavola del Signore.
(Art. 23, Ordine Ecclesiastico delle Chiese Riformate Canadesi)
- Anche oggi il Signore ci chiama a mostrare ospitalità, generosità e misericordia, così che i deboli e i bisognosi possano partecipare abbondantemente alla gioia del popolo di Dio; in modo che nessuno nella congregazione di Cristo debba vivere senza sostegno sotto il peso della malattia, della solitudine e della povertà.
Per questo servizio d’amore, Cristo ha dato i diaconi alla sua chiesa […]. È dunque responsabilità dei diaconi provvedere al buono sviluppo di questo servizio di carità nella chiesa. Essi devono conoscere i bisogni e le difficoltà esistenti ed esortare i membri del corpo di Cristo a mostrare misericordia. Devono raccogliere e gestire le offerte e distribuirle nel nome di Cristo secondo il bisogno. Sono chiamati a incoraggiare e confortare con la Parola di Dio coloro che ricevono i doni dell’amore di Cristo. Devono promuovere, con le parole e con le azioni, l’unità e la comunione nello Spirito Santo che la congregazione gode alla tavola del Signore. In questo modo i figli di Dio cresceranno nell’amore reciproco e verso tutti gli uomini.
(Modulo per l’Ordinazione dei Diaconi nelle Chiese Riformate Canadesi)
c. Note di confronto
L’ordine ecclesiastico del 1914 era basato sull’ordine ecclesiastico olandese del 1905 che seguiva da vicino quello di Dort. Il diacono deve “raccogliere le elemosine e gli altri contributi di carità” e “distribuirli ai poveri”; deve “visitare e confortare i bisognosi”; i diaconi “facciano in modo che i poveri possano usufruire delle istituzioni di misericordia”. L’opera dei diaconi è un ministero esclusivamente per i poveri e i bisognosi. L’enfasi del modulo per l’ordinazione è identica, con l’aggiunta della “prevenzione della povertà”.
L’ordine ecclesiastico e il modulo per l’ordinazione attuali citati sopra presenta un notevole cambiamento nell’enfasi. Il riferimento è al “buono sviluppo del servizio di carità [amore] nella congregazione”, a “esortare i membri del corpo di Cristo alla misericordia”, e solo dopo ciò la descrizione riporta che i diaconi devono “raccogliere e gestire le offerte e distribuirle nel nome di Cristo secondo il bisogno”. Il riassunto è che “In questo modo i figli di Dio cresceranno nell’amore reciproco e verso tutti gli uomini”. Il principio dell’art. 30 della Confessione è rispettato, ma l’applicazione pratica è molto diversa e molto più ampia rispetto all’ordine ecclesiastico di Dort.
II. Il ruolo dei diacono nel consiglio o nel concistoro
C’è una differenza di opinione e di applicazione su come l’ufficio di diacono si metta in relazione con quello di anziano. É piaciuto a Dio non specificare questa differenza nella Scrittura. Ciò che è chiaro, comunque, è che il compito dell’anziano è uno di supervisione, e che il suo ufficio incorpora l’autorità di sorvegliare il gregge, incluso l’opera del diaconato. Ciononostante, anche l’autorità dell’anziano deve essere esercitata come diaconía. La mancanza di consenso e la risultante ambiguità nelle chiese riformate può essere fatta risalire al tempo della Riforma.
Giovanni Calvino sottolineò la distinzione degli uffici della chiesa. Egli scrisse: “Risulta pertanto che ogni chiesa ha avuto, fin dall’inizio, un consiglio o concistoro di uomini retti, di condotta santa, rivestiti di autorità per correggere i vizi […] questo incarico di governo è necessario in ogni tempo” (IV, 3, 8). Il risultato di questa enfasi fu che i diaconi non furono inclusi nel senato o nel consiglio (questa denominazione fu cambiata in “concistoro” al Sinodo di Nimes nel 1572 per evitare la confusione e il paragone con il senato del governo secolare).
La Confessione Francese, invece, si concentrò maggiormente sull’unità degli uffici in Cristo e sulla loro interrelazione. Questa Confessione recita: “Gli anziani e i diaconi sono il senato della Chiesa, su cui i ministri della Parola devono presiedere” (art. 24). La Confessione in seguito spiega: “Per quanto riguarda la vera Chiesa, noi crediamo che essa debba essere governata secondo il sistema istituito dal nostro Signore Gesù Cristo, ossia che ci siano ministri, anziani e diaconi, così che la purezza della dottrina possa persistere, che i peccati possano essere puniti e limitati, che i poveri e tutti gli altri bisognosi siano aiutati e che le riunioni abbiano luogo nel nome di Dio per l’edificazione di vecchi e giovani” (art. 29).
I due fattori o sfaccettature, l’unità in Cristo e la distinzione dei ruoli, sono sempre presenti nel governo della chiesa. La questione non ha mai riguardato l’appartenenza dei diaconi al governo della chiesa, bensì se debbano far parte del consiglio o concistoro. Nelle situazioni in cui la Confessione Francese e l’ordine ecclesiastico francese avevano plasmato la mentalità della chiesa, i diaconi facevano regolarmente parte del concistoro; dove, invece, erano prevalsi gli insegnamenti e le pratiche di Ginevra, i diaconi non ne facevano parte. Fu a Londra, dove la congregazione dei rifugiati era guidata dal competente e pieno di risorse John a Lasco, che si iniziò a includere i diaconi nelle regolari riunioni mensili del concistoro, mentre gli anziani e il ministro si riunivano senza di loro settimanalmente.
Gli studiosi riformati hanno scritto molto sulle presunte discrepanze tra l’articolo 30 della Confessione Belga, che include i diaconi nel consiglio, e i Canoni di Dort che non lo fanno. A. D. R. Polman nel suo commentario sull’art. 30 della Confessione Belga, dopo aver esaminato a lungo l’argomento, conclude: “Così ci è diventato chiaro come sia stato possibile che i padri non abbiano mai visto alcuna discrepanza tra la nostra Confessione e l’ordine ecclesiastico” (Vol. 4, p. 29). P. Y.
DeJong nel suo commentario sulla Confessione Belga osserva: “Nessuna delle due posizioni, sembrerebbe, dovrebbe essere spinta all’estremo. Non si dovrebbe mai oscurare l’unità di fondo di tutti e tre gli uffici in Cristo. Tuttavia non si dovrebbe nemmeno dimenticare il contributo distintivo di ciascun ufficio […]. Le differenze di enfasi si complementano a vicenda in modo meraviglioso, e noi facciamo bene a preservarle” (The Church’s Witness to the World, 1980, p. 296).
Al giorno d’oggi crediamo che tra anziani e diaconi debba essere presente un adeguato livello di cooperazione. I diaconi dovrebbero riunirsi regolarmente per svolgere e organizzare il loro servizio di diaconato; dovrebbero riunirsi mensilmente, inoltre, come parte del consiglio della chiesa, partecipando al governo generale della congregazione; in queste riunioni dovrebbero rendere conto al consiglio della loro opera.
III. Il compito del diaconato è locale o globale?
Nel cercare di chiarire l’opera dei diaconi anche rispetto all’estensione delle loro prerogative, è opportuno acquisire una prospettiva corretta. È piaciuto a Dio mostrare al suo popolo nelle Scritture che le radici del diaconato hanno origine nell’Antico Testamento, mentre la forma o struttura dell’ufficio viene introdotta nel Nuovo Testamento. Nel designare il ruolo dei diaconi come “ministero di misericordia”, come spesso si fa, la chiesa indica che il compito diaconale è pattizio nella sua essenza e che si compie nel contesto del popolo del patto.
Il Signore stesso condusse il suo popolo fuori dall’Egitto, dove era stato schiavo per oltre quattro secoli, soffrendo oppressione, povertà e abusi. Mentre il Signore li guidava nel deserto, fece con loro un patto e diede loro la sua legge con numerose prescrizioni per vivere come una comunità del patto nella terra promessa di Canaan. La motivazione, in sintesi, della necessità di osservare la legge ricorre frequentemente: “Io sono il Signore, il tuo Dio!”. Dio stesso avrebbe vissuto con il suo popolo, rivelando la sua natura, o nome, come fece sulla montagna a Mosè dicendo: “Il Signore! il Signore! il Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in bontà e fedeltà, che conserva la sua bontà fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato” (Esodo 34:6-7). Gli elementi centrali del patto di Dio sono la sua misericordia e il suo amore, che devono essere riflessi dal suo popolo.
Perciò essi dovevano osservare l’anno sabbatico e l’anno del giubileo così come sono descritti in Levitico 25, per la stessa motivazione: “Io sono il Signore vostro Dio” (Levitico 25:55). Quando si osservano le feste speciali deve esserci gioia in Israele, poiché Dio ha liberato il suo popolo. In ricordo della liberazione da quella cattività e avversità viene l’ingiunzione: “Ti rallegrerai in presenza del Signore tuo Dio, tu, tuo figlio, tua figlia, il tuo servo, la tua serva, il Levita che sarà nelle vostre città, lo straniero, l’orfano e la vedova che saranno in mezzo a te, nel luogo che il Signore, il tuo Dio, avrà scelto come dimora del suo nome” (Deuteronomio 16:11).
Il patto, pertanto, è il terreno in cui ogni tipo di diaconía cresce e prospera. Ed è il popolo del patto che i diaconi devono motivare e mobilitare “in vista dell’opera del ministero” (diaconía), come insegna la Parola di Dio (Efesini 4:12). È questa comunità o congregazione pattizia che il Salvatore è venuto a radunare “nell’unità della vera fede, una comunità eletta a vita eterna” (Catechismo di Heidelberg, domanda 54). La parola per chiesa in questa frase è Gemein nell’originale tedesco, che indica la congregazione o la comunità.
Al centro della congregazione si trova la tavola del Signore, dove il popolo di Dio, per mezzo del sacramento della cena del Signore, celebra la salvezza e la libertà dalla tirannia di Satana. Come riporta l’apostolo Paolo, il Salvatore disse “fate questo in memoria di me” (I Corinzi 11:24; vd. anche v. 25). Ricordiamo, inoltre, che all’istituzione della cena Gesù dimostrò la vera essenza del servizio, quando lavò i piedi dei discepoli e disse: “Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io” (Giovanni 13:15). Queste parole costituiscono il cuore del servizio diaconale.
Concludiamo che la responsabilità dei diaconi è essenzialmente locale, nella congregazione, e non globale (nel far fronte ai bisogni dell’umanità quando si verificano disastri, carestie o terremoti). Così, quando il nostro Signore, poco prima della sua morte, illustrò in dettaglio l’essenza della compassione e dell’amore nella storia delle pecore e dei capri, egli spiegò chiaramente: “quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me” (Matteo 25:40). Non suggeriamo che le chiese in una federazione non si assistano a vicenda nelle questioni diaconali. È piuttosto evidente che non è così, per esempio, dal sostegno finanziario che la chiesa di Gerusalemme ricevette dalla congregazione di Corinto, portato loro per mezzo di Paolo (II Corinzi 8:1-15). Ci concentreremo ora più direttamente sull’opera dei diaconi.
IV. Il ministero diaconale di misericordia
In alcune congregazioni riformate i diaconi sono incaricati dell’amministrazione, della manutenzione e dell’organizzazione finanziaria della chiesa. In alcuni casi essi devono persino preparare un bilancio preventivo annuale per tutte le spese messe in conto, oltre a presentare al concistoro e alla congregazione un rendiconto finanziario. Tali incarichi esulano dal mandato biblico del diaconato e ne danneggiano l’effettivo ministero. Ci sono due aspetti dell’opera dei diaconi su cui ci concentreremo.
a. Un diaconato con uno scopo biblico
Il primo compito dei diaconi, e forse il più importante, è quello di aiutare i membri della chiesa a sostenersi a vicenda quando sorgono dei bisogni. Nell’Antico Testamento non esisteva un ufficio speciale prescritto dal Signore per assistere il suo popolo affinché fosse una comunità misericordiosa. La responsabilità d’assistere i bisognosi ricadeva sia sull’agricoltore al tempo della raccolta, sia sul prestatore di denaro. Il Signore del patto ha insegnato che tutto il popolo di Dio deve essere misericordioso; nel Nuovo Testamento egli disse: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro” (Luca 6:36).
I diaconi possono consultarsi con quelli delle chiese consorelle e persino intraprendere insieme alcune attività speciali. Tuttavia l’obiettivo primario dei diaconi è quello di indurre la congregazione a essere premurosa e amorevole, e in quanto tale a essere una testimonianza nella società egoista, individualista e materialista di oggi. Così la libertà che il popolo di Dio ha in Cristo si realizza in un’espressione obbediente, secondo l’insegnamento dell’apostolo Paolo: “Perché, fratelli, voi siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un’occasione per vivere secondo la carne, ma per mezzo dell’amore servite gli uni agli altri” (Galati 5:13). In quella stessa lettera, Paolo riassume: “Così dunque, finché ne abbiamo l’opportunità, facciamo del bene a tutti; ma specialmente ai fratelli in fede” (Galati 6:10).
L’obiettivo di tutti i diaconi è quello di essere dei motivatori “per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero”, con un ulteriore riferimento a Efesini 4:12; così che la comunione dei santi della risposta alla domanda 55 del Catechismo di Heidelberg possa diventare realtà: “[…] ognuno deve sentirsi in dovere di usare i propri doni volenterosamente e con gioia, a vantaggio e per il bene degli altri membri”. La prima parte della risposta riguarda la comunione che i credenti hanno con Cristo, sia individualmente che collettivamente, e come essi “hanno parte a tutti i suoi tesori e doni”.
Tale condivisione e cura devono essere insegnate e approntate dai diaconi, i quali devono guidare i membri a questo scopo. Per realizzare questo obiettivo è necessario che i diaconi visitino regolarmente ogni famiglia, preferibilmente una volta all’anno. Essi dovrebbero, inoltre, visitare tutti i nuovi membri e tutte le coppie appena sposate per comprenderne i bisogni e incoraggiarli a praticare la comunione dei santi. La visita annuale degli anziani alle famiglie è fatta allo scopo di concentrarsi sulla vita e sulla dottrina dei membri; la visita dei diaconi non entra in contrasto con essa, ma cerca di promuovere l’uso dei doni di un membro per il beneficio di tutti.
I diaconi non dovrebbero temporeggiare finché sorga un bisogno urgente in un contesto familiare, ma intervenire prima che si presenti una crisi. Molti membri di chiesa aspettano a chiedere aiuto per vergogna e forse una richiesta di aiuto simile è un duro colpo per la loro dignità. Quando i diaconi sono in sintonia con quello che succede nella congregazione, spesso sono in grado di risolvere i problemi prima che raggiungano proporzioni critiche, attraverso la collaborazione degli altri membri. La maturazione dei santi in una chiesa sarà benedetta da Dio se è presente questa visione, biblica e confessionale, del ruolo diaconale inteso come promotore della comunione fraterna.
b. Un diaconato obbedientemente attivo
Nella chiesa si afferma spesso che gli anziani si occupano delle questioni spirituali e i diaconi di quelle materiali. Alla luce di tutte le prove bibliche e confessionali presentate, concludiamo che questa distinzione è ingiustificata, inaccettabile e controproducente. Per svolgere bene il loro ufficio, i diaconi devono essere uomini profondamente spirituali “che custodiscano il mistero della fede in una coscienza pura” (I Timoteo 3:9) e persone che “saranno scelte fedeli e secondo la regola data da Paolo a Timoteo” (Confessione Belga art. 30).
Quando si verifica un incidente o sopravviene una malattia, è dovere del diacono intervenire in aiuto. Chiaramente i diaconi non sono gli unici conduttori che agiscono in questi momenti: è necessaria coordinazione. In una situazione di incidente, con conseguente ricovero in ospedale, potrebbe essere necessario un trasporto. I membri della famiglia dovrebbero essere coinvolti (I Timoteo 5:8), ma in molti casi dovrebbero essere mobilitati anche amici e membri di chiesa. Questo è un compito diaconale. A causa di ospedalizzazione prolungata, qualcuno potrebbe sperimentare la solitudine oppure potrebbero sorgere altri bisogni. Un modulo riformato per l’ordinazione dei diaconi afferma: “[…] nessuno nella congregazione di Cristo debba vivere senza sostegno sotto il peso della malattia, della solitudine e della povertà” (vd. sopra).
La cura diaconale nei confronti di vedove e vedovi anziani o verso altri single è una misura dell’obbedienza dei diaconi al loro mandato. Essi dovrebbero essere visitati regolarmente dal diacono di zona, almeno ogni tre mesi, e alla riunione mensile dei diaconi bisognerebbe fare un resoconto di queste visite. A volte questi membri anziani hanno bisogno di essere portati in chiesa o a fare la spesa. Talvolta hanno bisogno che venga loro tagliata l’erba, spalata la neve o di assistenza domiciliare. Se nessun familiare si fa carico di queste necessità, i diaconi devono assumersi la responsabilità di farlo o di provvedere una soluzione alternativa. Nell’assistere tali membri, quello che i diaconi fanno è di “soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni” e ciò è reputato dalla Parola di Dio come “la religione pura e senza macchia davanti a Dio e Padre” (Giacomo 1:27).
Un’altra situazione che richiede l’intervento diaconale è la morte di uno dei membri della chiesa. Quando Dio nella sua sovrana saggezza chiama uno dei suoi figli all’eternità, i membri della famiglia hanno bisogno di conforto e consolazione. Anche se sono coinvolti gli altri conduttori, i diaconi devono fornire un’adeguata cura diaconale. A volte potrebbe esserci bisogno del coinvolgimento diaconale per quanto riguarda l’organizzazione del funerale, la scelta della tomba o altre faccende. Quasi sempre i diaconi contribuiscono al conforto amorevole e solidale, che ben esprime la comunione dei santi, fornito dal popolo di Dio alla famiglia in lutto.
Anche i problemi economici (una disoccupazione prolungata, una crisi aziendale o una situazione di bancarotta) richiedono generalmente il coinvolgimento dei diaconi. In primo luogo queste situazioni che producono tensione nella vita generano un bisogno di comprensione amorevole e di sostegno emotivo. Il fatto che i diaconi e altri membri mostrino interesse per queste o altre difficoltà dimostra l’amore di Cristo, che ha dato la sua stessa vita per i suoi. Alcuni membri di chiesa vivono al di là delle loro possibilità e del loro reddito, e possono aver bisogno di ammonizione e assistenza su come riorganizzare la propria vita. Alcuni potrebbero affermare di non poter contribuire alle cause della chiesa, tramite le decime e le offerte, per il peso delle tasse della scuola cristiana. I diaconi devono cercare dei modi per far sì che tali membri vivano la vita cristiana con gioia e con piena partecipazione. In queste visite delicate, anche quando si monitorano i bilanci familiari, la riservatezza è un elemento essenziale nel ministero dei diaconi. Nel riferire queste questioni agli anziani, bisogna fare molta attenzione a non tradire la fiducia ricevuta.
È in questi ministeri di misericordia che i diaconi seguono e prendono come esempio il grande Diacono (diáconos), il Signore Gesù stesso, nel suo servizio diaconale e sacrificale. Al giudizio finale della storia dell’umanità, egli dirà ai diaconi fedeli e obbedienti e a tutti i suoi figli “ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi. […] quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me” (Matteo 25:35-36, 40). “Allora il re dirà a quelli della sua destra: «Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v’è stato preparato fin dalla fondazione del mondo»” (v. 34).
[1]NdT – Mentre le edizioni in inglese si dividono nel tradurre il termine, tutte le traduzioni italiani autorevoli traducono con “diaconessa”.
[2]G. CALVINO, Istituzioni della religione cristiana, a cura di Giorgio Tourn, UTET, Torino, 1971. Tutte le successive citazioni sono tratte dall’opera qui riportata.
Fonte: Study Report: Deacons in the Churches (urcna.org)
Tradotto da Simone Ferrari