
Di Kim Riddlebarger.
I pastori si trovano spesso di fronte alla morte e alle inevitabili domande che la accompagnano; la natura stessa della morte solleva delle domande difficili. Non è raro che ai bambini siano offerte con le migliori intenzioni delle parole di conforto dopo la morte di un familiare o un conoscente. Spesso diciamo cose del tipo: «La nonna è in paradiso» sperando di consolare questi piccoletti tristi e confusi che stanno affrontando una realtà che nemmeno i teologi più istruiti comprendono pienamente; ma per quanto «la nonna è in paradiso» non sia affatto una risposta sbagliata se la nonna era una credente in Gesù Cristo, è comunque una risposta incompleta e può essere addirittura fuorviante. Da un punto di vista biblico, se la nonna era una credente, adesso è alla presenza del Signore, in attesa del suo ritorno e della resurrezione del suo corpo.
Ciò che accade alle persone quando muoiono è un aspetto della teologia cristiana spesso esaminato ma anche frequentemente incompreso, solitamente discusso sotto l’intestazione “lo stato intermedio”. Dato il potenziale per incomprensioni, è utile partire da una rapida definizione di cosa intendiamo quando parliamo dello stato intermedio: lo stato intermedio è quel lasso di tempo che intercorre tra la morte di un credente (e il suo immediato ingresso nella presenza del Signore) e la resurrezione del corpo al momento del ritorno di Cristo. Quando Gesù resuscita i morti nell’ultimo giorno, le anime disincarnate sono riunite con i loro corpi, resi incorruttibili (1 Corinzi 15:35-58) in preparazione alla vita eterna nei nuovi cieli e sulla nuova terra (Apocalisse 21).
In diversi passaggi ben noti, Paolo affronta specificamente la questione di ciò che accade ai credenti tra il momento della loro morte e il ritorno di Cristo. Secondo 2 Corinzi 5:8, i credenti entrano immediatamente nella presenza di Dio al momento della loro morte fisica: questo è ciò che intendiamo quando parliamo del paradiso. L’apostolo scrive: «Abbiamo molto più caro di partire dal corpo e andare ad abitare con il Signore». Paolo parla anche del suo desiderio di «partire a da questa tenda e di essere con Cristo, il che mi sarebbe di gran lunga migliore» (Filippesi 1:23). Quando moriamo siamo “con Cristo”, nel senso che entriamo immediatamente nella presenza di Dio.
L’immagine più vivida che la Bibbia dipinge del paradiso è quella che troviamo in Apocalisse 4-6, una gloriosa rappresentazione di ciò che accade nella sala del trono celeste prima del ritorno di Gesù. Anche se la scena rivelata in questo passaggio è meravigliosa, vale la pena di osservare come i santi in cielo gridino a gran voce: «Fino a quando aspetti, o Signore, che sei il Santo e il Verace, a fare giustizia del nostro sangue sopra coloro che abitano sulla terra?» (6:10). Coloro che sono morti prima di noi e sono già alla presenza di Dio, dove stanno tuttora sperimentando lo stato intermedio, anelano al ritorno di Gesù Cristo sulla terra nel giorno della risurrezione e del giudizio.
Vi sono tre importanti incomprensioni a proposito dello stato intermedio così descritto.
La prima, comunemente nota come “sonno dell’anima”, è che in seguito alla morte di un credente la sua anima “dorma” fino al giorno della risurrezione. Secondo questa visione, non vi è nessuna consapevolezza di essere alla presenza del Signore dal momento in cui moriamo finché non ci svegliamo nel giorno del ritorno di Gesù; in altre parole, una volta morti “dormiamo” fino al ritorno di Cristo. Questa visione fu confutata da Giovanni Calvino nel suo primo trattato di teologia, un libro dall’accattivante titolo di Psychopannychia. L’errore in questo caso è l’idea che la morte causi uno stato di incoscienza assai simile al sonno, così che i credenti non ricorderebbero nulla dal momento in cui esalano il loro ultimo respiro a quello in cui si risvegliano nella resurrezione: ma questa visione non è in grado di spiegare i passaggi biblici appena citati che parlano chiaramente della presenza cosciente del credente con il Signore immediatamente dopo la morte, sperimentando le glorie della scena celeste descritta in Apocalisse 4-6.
Una seconda incomprensione è la nozione che lo stato intermedio sia un periodo in cui i peccatori sono purificati dalla presenza di qualsiasi peccato rimanga in essi. L’esempio principale di questo errore è la dottrina cattolico-romana del purgatorio. L’idea che lo stato intermedio sia un periodo di purificazione deriva dall’erronea credenza che anche se una persona muore credendo in Gesù Cristo, può non avere ancora raggiunto uno stato di santità personale sufficiente per entrare in paradiso e dunque un periodo di purificazione è necessario affinché dopo la morte la sua anima sia resa sufficientemente “pura” da entrare nella piena gioia della comunione con i santi. Questa visione presuppone che i meriti di Gesù Cristo (la sua vita di obbedienza e la sua morte per i nostri peccati) non bastino a rendere una persona sufficientemente “santa” da entrare in paradiso al momento della morte; ma il Vangelo è fondato sulla promessa che Gesù ci dà tutto ciò di cui abbiamo bisogno per essere dichiarati “santi” e resi tali in virtù della nostra unione con Gesù Cristo attraverso la fede. Da un punto di vista posizionale, siamo dichiarati santi nel momento della nostra giustificazione, mentre da un punto di vista pratico cresciamo in santità per tutta la durata delle nostre vite finché non siano resi completamente santi al momento della nostra glorificazione.
La terza incomprensione (forse quella più comune al giorno d’oggi) consiste nella confusione dello stato intermedio (l’esistenza senza corpo) con quello eterno, così da eliminare l’aspettativa della resurrezione del corpo, come invece la Bibbia insegna chiaramente (1 Corinzi 15:12ff). Secondo questa visione, la morte libera l’anima (già “pura”) dal corpo del peccato e siccome non vi è una resurrezione dei morti, le persone continuano a esistere dopo la morte come spiriti coscienti e invisibili. In molti, inclusi alcuni che professano la fede cristiana, credono addirittura che questo spiriti siano presenti con noi in questa vita, offrendoci sollievo e conforto nei momenti di difficoltà o quando ci addoloriamo per la loro dipartita e “sentiamo” la loro presenza. Queste credenze possono anche essere sincere ma non hanno alcun fondamento biblico, dal momento che ignorano l’insegnamento della Bibbia a proposito della resurrezione del corpo, e questa incomprensione incoraggia chi ha sofferto un lutto a ricercare conforto attraverso la presenza invisibile degli spiriti dei suoi cari defunti piuttosto che nella grande speranza cristiana della resurrezione del corpo.
In conclusione, siamo in grado di sapere che, quando è morta la nonna, non si è addormentata e non è nemmeno in cielo a essere purificata dal peccato: se la nonna era una credente, è stata immediatamente glorificata ed è entrata nella presenza di Cristo. Gesù ha fatto tutto questo per lei sulla croce e nella sua vita di perfetta obbedienza. Ora la nonna aspetta consciamente la resurrezione, mentre contempla il volto del suo Salvatore.
Fonte:
The Intermediate State, Copyright 2020, da Kim Riddlebarger. Ligonier Ministries.
Con permesso tradotto da A.P.