
o, un breve compendio della dottrina cristiana contenuta nelle Sacre Scritture ed esposta nella Confessione di fede e nei Catechismi di Westminster, unitamente all’uso pratico della medesima.
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«Tutti quelli che il Padre mi dà verranno a me; e colui che viene a me, non lo caccerò fuori» (Giovanni 6:37).
LA SOMMA DELLA CONOSCENZA SALVIFICA può essere articolata in questi quattro capi:
- La miserevole condizione in cui tutti gli uomini si trovano per natura attraverso la rottura del patto delle opere.
- Il rimedio provveduto per gli eletti in Gesù Cristo mediante il patto della grazia.
- I mezzi stabiliti per renderli partecipi di questo patto.
- Le benedizioni che sono comunicate efficacemente agli eletti tramite questi mezzi.
Ciascuno di questi quattro capi è enunciato con alcune proposizioni.
CAPO I. – La nostra miserevole condizione naturale attraverso la rottura del patto delle opere.
«È la tua perdizione, Israele, l’essere contro di me…» (Osea 13:9).
I. Dio onnipotente ed eterno, Padre, Figlio e Spirito Santo, tre persone distinte nell’unica e medesima indivisa Deità, ugualmente infinite in ogni perfezione, ha, prima del tempo, decretato con somma sapienza, per la propria gloria, tutto ciò che ha luogo nel tempo; ed esegue in modo assolutamente santo e infallibile tutti i suoi decreti, senza essere partecipe del peccato di nessuna creatura.
II. Questo Dio, in sei giorni, ha fatto tutte le cose dal nulla, molto buone secondo la loro specie: in particolare, egli ha creato tutti gli angeli santi, e ha creato i nostri progenitori, Adamo ed Eva, la radice dell’umanità, retti e in grado di osservare la legge scritta nel loro cuore, alla quale legge erano naturalmente tenuti a obbedire sotto pena di morte; ma Dio non era tenuto a ricompensare il loro servizio finché non strinse un patto o contratto con loro, e la loro posterità in essi, di dare loro la vita eterna, a condizione che obbedissero personalmente e perfettamente, e minacciandoli di morte nel caso in cui avessero disobbedito. Questo è il patto delle opere.
III. Angeli e uomini erano soggetti al mutamento del proprio libero arbitrio, come l’esperienza ha dimostrato, (Dio essendosi riservato la proprietà incomunicabile di essere naturalmente immutabile): poiché molti angeli di propria volontà caddero mediante il peccato dalla loro condizione originaria, e divennero diavoli. I nostri progenitori, essendo stati sedotti da Satana, uno di questi diavoli che parlò loro dalla bocca di un serpente, infransero il patto delle opere, mangiando del frutto proibito; così che essi e la loro posterità, essendo nei loro lombi come rami nella radice, e compresa nello stesso patto con loro, divennero non soltanto soggetti alla morte eterna, ma persero anche ogni capacità di piacere a Dio; sì, divennero per natura nemici di Dio e di ogni bene spirituale, e inclini soltanto al male in ogni tempo. Questo è il nostro peccato originale, la radice velenosa di tutte le nostre trasgressioni attuali, in pensiero, parola e azione.
CAPO II. – Il rimedio provveduto in Gesù Cristo per gli eletti mediante il patto della grazia.
«È la tua perdizione, Israele, l’essere contro di me, contro il tuo aiuto» (Osea 13:9).
I. Benché l’uomo, avendo precipitato se stesso in questa miserevole condizione, non sia né in grado di aiutare se stesso, né disposto a essere aiutato da Dio a uscirne, ma piuttosto incline a restarvi immobile, insensibile a essa, finché non perisce; tuttavia Dio, per la gloria delle ricchezze della sua grazia, ha rivelato nella sua Parola una via di salvezza per i peccatori, ossia mediante la fede in Gesù Cristo, l’eterno Figlio di Dio, in virtù e secondo il tenore del patto della redenzione, stretto e concluso tra Dio Padre e Dio Figlio, nel consiglio della Trinità, prima che il mondo esistesse.
II. La somma del patto della redenzione è questa: Dio, avendo liberamente scelto a vita un certo numero di coloro che erano perduti, per la gloria delle ricchezze della sua grazia, li ha dati, prima che il mondo esistesse, a Dio Figlio, che ha costituito Redentore, affinché, a condizione che egli umiliasse se stesso fino ad assumere la natura umana, di un’anima e un corpo, a unione personale con la sua natura divina, e si sottomettesse alla legge, come garante per loro, e soddisfacesse la giustizia di Dio per loro, obbedendo a loro nome, fino a soffrire la morte maledetta di croce, egli li riscattasse e redimesse tutti dal peccato e dalla morte, e acquistasse per loro la giustizia e la vita eterna, con tutte le grazie salvifiche che conducono a esse, per essere, tramite i mezzi da lui designati, applicate efficacemente a tempo debito a ciascuno di loro. Questa condizione il Figlio di Dio (che è il nostro Signore Gesù Cristo) accettò prima che il mondo esistesse, e nella pienezza del tempo egli venne nel mondo, nacque dalla vergine Maria, si sottomise alla legge, e pagò completamente il riscatto sulla croce: ma in virtù del suddetto accordo, stretto prima che il mondo esistesse, egli è in ogni età, dalla caduta di Adamo in avanti, sempre all’opera per applicare effettivamente i benefici acquistati agli eletti, e lo fa stringendo un patto di grazia e riconciliazione gratuite con loro, attraverso la fede in lui; mediante il quale patto egli conferisce a ogni credente un diritto e interesse a se stesso, e a tutte le sue benedizioni.
III. Per la realizzazione di questo patto della redenzione, e per rendere gli eletti partecipi dei benefici del medesimo nel patto della grazia, Cristo Gesù è stato ammantato della triplice funzione di profeta, sacerdote e re: reso un profeta, per rivelare ogni conoscenza salvifica ai suoi, e per persuaderli a credere e obbedire alla medesima; reso un sacerdote, per offrirsi una volta per sempre come sacrificio per tutti loro, e per intercedere continuamente presso il Padre, per rendere le loro persone e i loro servizi graditi a lui; e reso un re, per assoggettarli a sé, per nutrirli e governarli mediante gli ordinamenti che ha stabilito, e per difenderli dai loro nemici.
CAPO III. – I mezzi esteriori stabiliti per rendere gli eletti partecipi di questo patto, e tutti gli altri che sono chiamati inescusabili.
«Poiché molti sono chiamati…» (Matteo 22:14).
I. I mezzi e gli ordinamenti esteriori per rendere gli uomini partecipi del patto della grazia sono dispensati così sapientemente che gli eletti saranno infallibilmente convertiti e salvati per mezzo di essi e i reprobi, tra i quali non sono annoverati, fatti giustamente inciampare. Tali mezzi sono specialmente questi quattro: 1. La Parola di Dio; 2. I sacramenti; 3. Il governo della chiesa; 4. La preghiera. Nella Parola di Dio predicata dai suoi messaggeri, il Signore fa offerta della grazia a tutti i peccatori, a condizione che credano in Gesù Cristo; e chiunque confessa il proprio peccato, accetta l’offerta di Cristo, e si sottomette ai suoi ordinamenti, egli farà sì che sia lui sia i suoi figli siano ammessi all’onore e ai privilegi del patto della grazia. Mediante i sacramenti, Dio fa sì che il patto sia suggellato per confermare l’accordo alla suddetta condizione. Mediante il governo della chiesa, egli fa sì che siano vincolati e aiutati a osservare il patto. E mediante la preghiera, egli fa sì che la sua gloriosa grazia, promessa nel patto, sia quotidianamente invocata, riconosciuta e impiegata. Tutti questi mezzi sono utilizzati realmente o soltanto a parole, a seconda della qualità dei contraenti, che siano veri o falsi credenti.
II. Il patto della grazia, enunciato nell’Antico Testamento prima della venuta di Cristo, e nel Nuovo dopo la sua venuta, è sempre lo stesso in sostanza, benché differente nella sua amministrazione esteriore: poiché il patto nell’Antico Testamento, essendo suggellato dai sacramenti della circoncisione e dell’agnello pasquale, annunciava la morte di Cristo a venire, e i benefici acquistati per mezzo della medesima, attraverso l’ombra di sacrifici cruenti e svariate cerimonie; ma dopo la venuta di Cristo, il patto essendo suggellato dai sacramenti del battesimo e della cena del Signore, rappresenta chiaramente Cristo già crocifisso davanti ai nostri occhi, vittorioso sulla morte e sulla tomba, e regnante gloriosamente su cielo e terra, per il bene dei suoi.
CAPO IV. – Le benedizioni che sono trasmesse efficacemente tramite questi mezzi agli eletti del Signore, o coloro che egli ha scelto.
«Poiché molti sono chiamati, ma pochi eletti» (Matteo 22:14).
I. Mediante questi ordinamenti esteriori, come il nostro Signore rende i reprobi inescusabili, così, tramite la potenza del suo Spirito, egli applica agli eletti, efficacemente, tutte le grazie salvifiche acquistate per loro nel patto della redenzione e opera un cambiamento nelle loro persone. In particolare, (1.) Egli li converte o rigenera, dando loro la vita spirituale, aprendo le loro menti, rinnovando le loro volontà, i loro affetti e le loro facoltà, per obbedire spiritualmente ai suoi comandi; (2.) Egli dà loro la fede salvifica, facendo sì che essi, spinti da un senso della condanna che meritano, assentano di cuore al patto della grazia e si approprino sinceramente di Gesù Cristo; (3.) Egli dà loro il ravvedimento, facendo sì che essi, con una tristezza secondo Dio, spinti dall’odio per il peccato e dall’amore per la giustizia, si volgano da ogni iniquità al servizio di Dio; infine, (4.) Egli li santifica, facendo sì che essi continuino e perseverino nella fede e nell’obbedienza spirituale alla legge di Dio, che si manifestano nella fruttuosità in ogni dovere, e nel fare le opere buone, a seconda delle occasioni offerte da Dio.
II. Unitamente a questo cambiamento interiore delle loro persone, Dio cambia anche la loro condizione: poiché, non appena essi sono inclusi mediante la fede nel patto della grazia, (1.) Egli li giustifica, imputando loro quell’obbedienza perfetta che Cristo ha reso alla legge, e anche la soddisfazione che sulla croce Cristo ha reso alla giustizia di Dio a loro nome; (2.) Egli li riconcilia e li rende amici di Dio, i quali prima erano nemici di Dio; (3.) Egli li adotta, così che non sono più figli di Satana, ma figli di Dio, arricchiti con tutti i privilegi spirituali dei suoi figli; e infine, quando il tempo della loro guerra in questa vita è compiuto, egli perfeziona la santità e beatitudine, dapprima delle loro anime al momento della loro morte, e quindi delle loro anime e dei loro corpi, gioiosamente riuniti al momento della risurrezione, nel giorno della sua gloriosa venuta a giudizio, quando tutti i malvagi se ne andranno all’inferno, con Satana il quale hanno servito: ma coloro che Cristo ha scelto e redento, i veri credenti, cultori della santità, rimarranno con lui in eterno nello stato di glorificazione.
L’USO PRATICO DELLA CONOSCENZA SALVIFICA
Il principale uso generale della dottrina cristiana è quello di convincere un uomo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio (Giovanni 16:8), in parte mediante la legge o il patto delle opere, affinché sia umiliato e diventi penitente, e in parte mediante il Vangelo o il patto della grazia, affinché diventi un sincero credente in Gesù Cristo, sia fortificato nella sua fede sulla base di solide fondamenta e ragioni, dia dimostrazione della verità della sua fede con buoni frutti, e così sia salvato.
La somma del patto delle opere, o della legge, è questa: «Se tu farai tutto ciò che è comandato, e non trasgredirai in nessun punto, sarai salvato: ma se trasgredisci, morirai» (Romani 10:5; Galati 3:10-12).
La somma del Vangelo, o del patto della grazia e della riconciliazione, è questa: «Se tu fuggirai dall’ira che meriti al vero Redentore Gesù Cristo, (il quale può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio), tu non perirai, ma avrai vita eterna» (Romani 10:8-11).
Per convincere un uomo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio mediante la legge, o il patto delle opere, si faccia uso di queste scritture, tra molte altre.
I. Per convincere un uomo quanto al peccato mediante la legge, si consideri Geremia 17:9-10:
Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa e insanabilmente maligno; chi potrà conoscerlo? «Io, il Signore, che investigo il cuore, che metto alla prova le reni, per retribuire ciascuno secondo le sue vie, secondo il frutto delle sue azioni».
Qui il Signore insegna queste due cose:
- Che la fonte di tutti i nostri fallimenti e del nostro peccare attuale contro Dio risiede nel cuore, il quale comprende la mente, la volontà, gli affetti e tutte le facoltà dell’anima, corrotte e contaminate dal peccato originale; la mente essendo non soltanto ignorante e incapace di comprendere la verità salvifica, ma anche piena di errore e inimicizia contro Dio, e la volontà e gli affetti essendo ostinatamente disobbedienti a tutte le istruzioni di Dio, e tendenti soltanto a ciò che è male: «Il cuore (dice il Signore) è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno»; sì, e imperscrutabilmente maligno, così che nessun uomo «può conoscerlo»; e «tutti i disegni dei pensieri del cuore dell’uomo non sono altro che male in ogni tempo» (Genesi 6:5) dice il Signore, della cui testimonianza dobbiamo fidarci in questa e in ogni altra materia; e anche l’esperienza può insegnarci che, finché Dio non ci fa rinunciare a noi stessi, noi non guardiamo mai a Dio in nessuna cosa, ma siamo governati unicamente dal nostro tornaconto carnale, che fa muovere tutti gli ingranaggi delle nostre azioni.
- Che il Signore porta il nostro peccato originale, o la nostra inclinazione malvagia, con tutti i frutti attuali della medesima, a giudizio davanti al suo tribunale: «Poiché egli investiga il cuore, e mette alla prova le reni, per retribuire ciascuno secondo le sue vie, secondo il frutto delle sue azioni».
Pertanto ogni uomo ragioni così:
«Ciò che Dio e la mia coscienza colpevole attestano, sono convinto che è vero:
«Ma Dio e la mia coscienza colpevole attestano che il mio cuore è ingannevole più di ogni cosa, e insanabilmente maligno; e che tutti i disegni del mio cuore, per natura, non sono altro che male in ogni tempo:
«Pertanto sono convinto che questo è vero».
Così un uomo può essere convinto quanto al peccato mediante la legge.
II. Per convincere un uomo quanto alla giustizia mediante la legge, si consideri Galati 3:10:
Infatti tutti quelli che si basano sulle opere della legge sono sotto maledizione, perché è scritto: «Maledetto chiunque non si attiene a tutte le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica».
Qui l’apostolo ci insegna tre cose:
- Che, a motivo della nostra peccaminosità naturale, l’impossibilità che un uomo sia giustificato mediante le opere della legge è così certa che chiunque cerca di essere giustificato mediante le opere della legge è soggetto alla maledizione di Dio per la trasgressione della legge: «Infatti tutti quelli che si basano sulle opere della legge sono sotto maledizione», dice l’apostolo.
- Che, per il perfetto adempimento della legge, l’osservanza di uno o due dei suoi precetti, o lo svolgimento di alcuni o di tutti i suoi doveri (se fosse possibile) per un certo periodo di tempo, non è sufficiente; poiché la legge richiede che un uomo si attenga «a tutte le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica».
- Che, poiché nessun uomo può raggiungere questa perfezione, ogni uomo per natura è sotto maledizione, poiché la legge dice: «Maledetto chiunque non si attiene a tutte le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica».
Ora essere sotto maledizione comprende tutto lo sdegno di Dio, con il pericolo che la sua ira si riversi sempre di più su anima e corpo, sia in questa vita, sia dopo la morte perpetuamente, se la grazia non impedisce la piena attuazione della medesima.
Pertanto ogni uomo ragioni così:
«Chiunque, secondo il patto delle opere, è soggetto alla maledizione di Dio per avere trasgredito la legge, innumerevoli volte e in innumerevoli modi, non può essere giustificato, o trovare la giustizia mediante le opere della legge:
«Ma io (dica ogni uomo), secondo il patto delle opere, sono soggetto alla maledizione di Dio per avere trasgredito la legge innumerevoli volte e in innumerevoli modi:
«Pertanto non posso essere giustificato, o avere la giustizia mediante le opere della legge.»
Così un uomo può essere convinto quanto alla giustizia, che non può essere ottenuta mediante le proprie opere, o mediante la legge.
III. Per convincere un uomo quanto al giudizio mediante la legge, si consideri 2 Tessalonicesi 1:7-10:
…e a voi che siete afflitti, riposo con noi, quando il Signore Gesù apparirà dal cielo con gli angeli della sua potenza, in un fuoco fiammeggiante, per far vendetta di coloro che non conoscono Dio, e di coloro che non ubbidiscono al vangelo del nostro Signore Gesù Cristo. Essi saranno puniti di eterna rovina, respinti dalla presenza del Signore e dalla gloria della sua potenza, quando verrà per essere in quel giorno glorificato nei suoi santi e ammirato in tutti quelli che hanno creduto, perché la nostra testimonianza in mezzo a voi è stata creduta.
In questo passaggio ci viene insegnato che il nostro Signore Gesù, il quale ora si offre di essere il Mediatore di coloro che credono in lui, verrà, nell’ultimo giorno, armato con un fuoco fiammeggiante, per giudicare, condannare e distruggere tutti coloro che non hanno creduto a Dio, non hanno ricevuto l’offerta della grazia fatta nel Vangelo, né obbedito alla dottrina del medesimo; ma rimangono nel loro stato naturale, sotto la legge o il patto delle opere.
Pertanto ogni uomo ragioni così:
«Ciò che il giusto Giudice mi ha preavvisato che sarà fatto nell’ultimo giorno, sono sicuro che è un giusto giudizio:
«Ma il giusto Giudice mi ha preavvisato che se non credo a Dio in tempo, e non obbedisco alla dottrina del Vangelo, sarò rigettato dalla sua presenza e dalla sua gloria nell’ultimo giorno, e sarò tormentato in anima e corpo in eterno:
«Pertanto sono convinto che questo è un giusto giudizio:
«E ho motivo di ringraziare Dio di cuore, il quale mi ha preavvisato di sfuggire l’ira futura».
Così ogni uomo può essere, mediante la legge o il patto delle opere, convinto quanto al giudizio, se rimarrà sotto il patto delle opere, o non obbedirà al Vangelo del nostro Signore Gesù.
IV. Per convincere un uomo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio mediante il Vangelo.
Per convincere un uomo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio mediante il Vangelo, o patto della grazia, egli deve comprendere tre cose: 1. Che non credere in Gesù Cristo, o rifiutare il patto della grazia offerto in lui, è un peccato più grande e pericoloso di tutti gli altri peccati contro la legge, poiché coloro che ascoltano il Vangelo, non credendo in Cristo, rifiutano la misericordia di Dio in Cristo, l’unica via che conduce alla libertà dal peccato e dall’ira, e non si presteranno a essere riconciliati con Dio; 2. In secondo luogo, deve comprendere che la perfetta remissione del peccato e la vera giustizia possono essere ottenute soltanto mediante la fede in Gesù, poiché Dio non richiede nessun’altra condizione al di fuori della fede, e attesta dal cielo che si compiace di giustificare i peccatori a questa condizione; 3. Deve comprendere che in seguito alla ricezione della giustizia mediante la fede, il giudizio seguirà, da una parte, con la distruzione delle opere del diavolo nel credente, e il perfezionamento dell’opera della santificazione in lui con potenza: e che, in seguito al rifiuto di ottenere la giustizia mediante la fede in Gesù Cristo, il giudizio seguirà, dall’altra, con la condanna del miscredente, e la sua distruzione con Satana e i suoi servitori in eterno.
A questo fine, questi passaggi della Scrittura, tra molti altri, servano a mostrare la magnitudine del peccato di non credere in Cristo, o a mostrare la magnitudine del peccato di rifiutare il patto della grazia offertoci nell’offerta che ci viene fatta di Cristo. Si fissi lo sguardo sulla meravigliosa offerta di grazia che ci viene fatta in Isaia 55:3, ripetuta in Atti 13:34: «Porgete l’orecchio e venite a me (dice il Signore); ascoltate e voi vivrete; io farò con voi un patto eterno, vi largirò le grazie stabili promesse a Davide»; sarebbe a dire, se crederete in me, e sarete riconciliati con me, io, con il patto, vi darò Cristo, e ogni grazia salvifica in lui.
Ora, si consideri che questa offerta generale in sostanza equivale a un’offerta speciale fatta a ciascuno in particolare, come è evidente dall’uso che l’apostolo ne fa in Atti 16:31: «Credi nel Signore Gesù Cristo, e sarai salvato tu e la tua famiglia». La ragione di questa offerta è data in Giovanni 3:16: «Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna».
Dal momento allora che questa grande salvezza è offerta nel Signore Gesù, chiunque non crede in lui, ma ricerca la felicità in qualche altro modo, che cosa fa se non «onorare gli idoli vani, e allontanare da sé la grazia» che avrebbe potuto ottenere in Cristo (Giona 2:9-10)? Che cosa fa se non insultare Dio in cuor proprio? Come ci viene detto in 1 Giovanni 5:10-11: «Chi non crede a Dio, lo fa bugiardo, perché non crede alla testimonianza che Dio ha resa al proprio Figlio. E la testimonianza è questa: Dio ci ha dato la vita eterna, e questa vita è nel Figlio suo». E che nessun peccato contro la legge è pari a questo peccato, Cristo attesta in Giovanni 15:22: «Se non fossi venuto e non avessi parlato, loro non avrebbero colpa; ma ora non hanno scusa per il loro peccato». Questo può convincere un uomo quanto alla magnitudine di questo peccato di non credere in Cristo.
V. Per convincere un uomo quanto alla giustizia che si ottiene soltanto mediante la fede in Gesù Cristo, si consideri Romani 10:3-4.
Ci viene detto che i giudei, «ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria giustizia, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio, (e così perirono), poiché Cristo è il termine della legge per la giustificazione di tutti coloro che credono». E Atti 13:39: «Per mezzo di lui, chiunque crede è giustificato di tutte le cose, delle quali voi non avete potuto essere giustificati mediante la legge di Mosè». E 1 Giovanni 1:7: «Il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato».
Per convincere un uomo quanto al giudizio, se un uomo si appropria di questa giustizia, si consideri 1 Giovanni 3:8: «Per questo è stato manifestato il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo». Ed Ebrei 9:14: «Quanto più il sangue di Cristo, che mediante lo Spirito eterno offrì se stesso puro di ogni colpa a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente!».
Ma se un uomo non si appropria di questa giustizia, la sua rovina è annunciata in Giovanni 3:18-19: «Chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, e gli uomini hanno amato le tenebre più della luce, perché le loro opere erano malvagie».
Pertanto il penitente desideroso di credere ragioni così:
«Ciò che è sufficiente a convincere tutti gli eletti nel mondo quanto alla magnitudine del peccato di non credere in Cristo, o di rifiutarsi di fuggire a lui per trovare soccorso dai peccati commessi contro la legge e dall’ira dovuta ai medesimi; e ciò che è sufficiente a convincerli che la giustizia e la vita eterna sono da ottenersi mediante la fede in Gesù Cristo, o acconsentendo al patto della grazia in lui; e ciò che è sufficiente a convincerli quanto al giudizio che sarà esercitato da Cristo, per distruggere le opere del diavolo nell’uomo, e santificare e salvare tutti coloro che credono in lui; può essere sufficiente a convincere anche me:
«Ma ciò che lo Spirito ha detto, in queste Scritture o in altre simili, è sufficiente a convincere tutti gli eletti quanto al suddetto peccato, giustizia e giudizio:
«Pertanto ciò che lo Spirito ha detto, in queste Scritture o in altre simili, serve a convincere anche me quanto a essi».
Dopo di che il penitente desideroso di credere si prepari delle parole e dica di cuore al Signore:
«Siccome ci dici: “Cercate il mio volto!”, la mia anima ti risponde: “Io cerco il tuo volto, o Signore”. Ho udito l’offerta di un patto eterno di ogni grazia salvifica da ottenersi in Cristo, e mi approprio di cuore della tua offerta. Signore, possa l’affare considerarsi concluso; “Signore, io credo; vieni in aiuto alla mia incredulità”; ecco, mi offro a te, per servirti in ogni cosa in eterno; e spero che “la tua destra mi salvi: il Signore compirà in mio favore l’opera sua; la tua bontà, Signore, dura per sempre; non abbandonare le opere delle tue mani”».
Così un uomo può diventare un sincero credente in Cristo.
VI. Per fortificare la fede dell’uomo che ha acconsentito al patto della grazia:
Poiché molti veri credenti sono deboli, e spesso dubitano se mai saranno sicuri della bontà della propria fede e chiamata efficace, o resi certi della loro giustificazione e salvezza, quando vedono che molti che professano la fede risultano essersi illusi; andiamo a vedere in che modo ogni credente può essere reso forte nella fede e sicuro della propria elezione e salvezza sulla base di fondamenta solide, con ragioni sicure, e dimostrazioni veraci della fede. A questo fine, tra molte altre Scritture, si prendano le seguenti:
I. Per porre delle solide fondamenta per la fede, si consideri 2 Pietro 1:10: «Perciò, fratelli, impegnatevi sempre di più a rendere sicura la vostra vocazione ed elezione, perché, così facendo, non inciamperete mai».
Con queste parole, l’apostolo ci insegna queste quattro cose per aiutarci e indicarci come essere fortificati nella fede:
- Che coloro che credono in Cristo Gesù, e sono fuggiti a lui per trovare soccorso dal peccato e dall’ira, benché siano deboli nella fede, tuttavia sono veramente figli dello stesso Padre degli apostoli; poiché egli li considera tali quando li chiama «fratelli».
- Che benché non siamo sicuri, per il momento, della nostra chiamata efficace ed elezione, tuttavia possiamo essere resi sicuri di entrambe se ci impegniamo, poiché egli presuppone questo dicendo: «Impegnatevi sempre di più a rendere sicura la vostra vocazione ed elezione».
- Che non dobbiamo scoraggiarci quando vediamo che molti credenti apparenti si dimostrano rami guasti, e commettono apostasia, ma dobbiamo piuttosto badare tanto più a noi stessi: «Perciò, fratelli (dice l’apostolo), impegnatevi sempre di più».
- Che il modo per essere sicuri della nostra chiamata efficace ed elezione consiste nell’assicurarci della nostra fede, ponendone le fondamenta solidamente e facendo costantemente i frutti della nostra fede in una nuova obbedienza: «Perché, così facendo (dice l’apostolo), non inciamperete mai»; intendendo con «così facendo» quelle cose che aveva detto a proposito della fede sana ai versetti 1-4, e quello che aveva detto a proposito del fare i frutti della fede ai versetti 5-9.
II. A questo stesso scopo, si consideri Romani 8:1-4: «Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù, i quali non camminano secondo la carne, ma secondo lo Spirito perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti, ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha fatto, mandando il proprio Figlio in carne simile a carne di peccato e, a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne, affinché il comandamento della legge fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito».
In questo passaggio l’apostolo ci insegna queste quattro cose per porre solidamente il fondamento della fede:
- Che un vero credente è chi, spinto dal senso del suo peccato e dal timore dell’ira di Dio, fugge per trovare pieno soccorso da entrambi al solo Gesù Cristo come unico Mediatore e Redentore pienamente sufficiente degli uomini; e, una volta fuggito a Cristo, lotta contro la propria carne, o l’inclinazione corrotta della propria natura, e si impegna a seguire la regola dello Spirito di Dio messa per iscritto nella sua Parola: poiché l’uomo che qui l’apostolo benedice come un vero credente è un uomo in Cristo Gesù, che non «cammina secondo la carne, ma secondo lo Spirito».
- Che tutte quelle persone che sono fuggite a Cristo, e lottano contro il peccato, per quanto possano essere turbate dal senso dell’ira di Dio e dal timore della sua condanna, tuttavia non sono in pericolo, poiché «non c’è dunque più nessuna condanna (dice l’apostolo) per quelli che sono in Cristo Gesù, i quali non camminano secondo la carne, ma secondo lo Spirito».
- Che benché l’apostolo stesso (introdotto qui a motivo di esempio) e tutti gli altri veri credenti in Cristo siano per natura sotto la legge del peccato e della morte, o sotto il patto delle opere (chiamato la legge del peccato e della morte perché ci consegna al peccato e alla morte, finché Cristo non ci rende liberi); tuttavia la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù, o il patto della grazia (così chiamato perché rende capace e vivifica un uomo a vita spirituale attraverso Cristo), rende l’apostolo, e tutti i veri credenti, liberi dal patto delle opere, o dalla legge del peccato e della morte, così che ogni uomo può dire con lui: «La legge dello Spirito della vita», o il patto della grazia, «mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte», o dal patto delle opere.
- Che la fonte e il primo fondamento da cui scaturisce la nostra libertà dalla maledizione della legge è il patto della redenzione, stretto tra Dio e Dio Figlio incarnato, nel quale Cristo prende la maledizione della legge per il peccato su di sé, affinché il credente, il quale non avrebbe potuto essere altrimenti liberato dal patto delle opere, sia liberato da esso. E questa dottrina l’apostolo presenta in queste quattro suddivisioni: (1.) Che era assolutamente impossibile che la legge, o il patto delle opere, conferisse la giustizia e la vita a un peccatore, perché era impotente; (2.) Che questa debolezza e impotenza della legge, o del patto delle opere, non è colpa della legge, ma è colpa della carne peccatrice, la quale non è né in grado di pagare il fio del peccato, né di obbedire perfettamente alla legge (presupponendo che i peccati passati siano stati perdonati): «Era impossibile alla legge» (dice l’apostolo) «perché la carne la rendeva impotente»; (3.) Che la giustizia e la salvezza dei peccatori, che non potevano essere realizzate mediante la legge, sono state realizzate mandando il Figlio di Dio, Gesù Cristo, nella carne, nella cui carne il peccato è stato condannato e punito, per rendere soddisfazione per conto degli eletti, affinché siano resi liberi. (4.) Che per mezzo di lui alla legge non viene tolto niente, poiché la giustizia della legge è meglio adempiuta in questo modo: anzitutto, mediante la perfetta obbedienza attiva di Cristo a essa in ogni cosa a nome nostro; in secondo luogo, mediante il suo pagamento a nome nostro della pena dovuta ai nostri peccati nella sua morte: e, infine, mediante la sua opera della santificazione in noi, che siamo veri credenti, che ci impegniamo a obbedire nuovamente alla legge, e «non camminiamo secondo la carne, ma secondo lo Spirito».
RAGIONI PER CREDERE
Per edificare la nostra fiducia su questo solido fondamento, possono essere utili queste quattro ragioni e motivi particolari per credere in Cristo.
La prima di esse è il caloroso invito di Dio riportato in Isaia 55:1-5:
O voi tutti che siete assetati, venite alle acque; voi che non avete denaro venite, comprate e mangiate! Venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte! Perché spendete denaro per ciò che non è pane e il frutto delle vostre fatiche per ciò che non sazia? Ascoltatemi attentamente e mangerete ciò che è buono, gusterete cibi succulenti! Porgete l’orecchio e venite a me; ascoltate e voi vivrete; io farò con voi un patto eterno, vi largirò le grazie stabili promesse a Davide. Ecco, io l’ho dato come testimonio ai popoli, come principe e governatore dei popoli. Ecco, tu chiamerai nazioni che non conosci, e nazioni che non ti conoscono accorreranno a te a motivo del Signore, del tuo Dio, del Santo d’Israele, perché egli ti avrà glorificato.
In questo passaggio (dopo avere stabilito il prezioso riscatto della nostra redenzione mediante le sofferenze di Cristo e le ricche benedizioni acquistate a noi per mezzo di esse nei due capitoli precedenti) il Signore, in questo capitolo:
- Offre apertamente Cristo e la sua grazia, mediante la proclamazione di un mercato gratuito e grazioso della giustizia e della salvezza, da ottenersi attraverso Cristo, a ogni anima, senza eccezione, che desidera veramente essere salvata dal peccato e dall’ira: «O voi tutti che siete assetati», dice il Signore.
- Invita tutti i peccatori, che per qualsiasi ragione stanno alla lontana da Dio, a venire e ricevere da lui le ricchezze della grazia, che scorrono in Cristo come un fiume, per lavare via il peccato e placare l’ira di Dio: «Venite alle acque», dice il Signore.
- Affinché nessuno si tenga in disparte, trattenuto da un senso della propria peccaminosità o indegnità, e incapacità di fare del bene, il Signore fa appello a tali persone in particolare, dicendo: «Voi che non avete denaro venite».
- Non desidera altro da parte del suo mercante, se non che sia soddisfatto con le merci offerte, che sono la grazia e ancora più grazia; e che acconsenta di cuore e si appropri di questa offerta della grazia, affinché così egli possa concludere l’affare, e un patto formale con Dio: «Voi che non avete denaro venite (dice il Signore) comprate e mangiate!», sarebbe a dire, acconsentite a ricevere e appropriarvi di ogni grazia salvifica; fate vostre le merci; possedetele, e fate uso di tutte le benedizioni di Cristo; qualsiasi cosa contribuisca alla vostra vita e al vostro conforto spirituale, usatela e godetene gratuitamente, senza pagare niente per essa: «Venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte», dice il Signore.
- Poiché il Signore sa quanto siamo propensi a ricercare la giustizia e la vita mediante le nostre azioni e ammende, a ottenere la giustizia e la vita per così dire attraverso le opere, e quanto siamo riluttanti ad appropriarci di Cristo Gesù, e a ottenere la vita per grazia gratuita attraverso Gesù Cristo, secondo i termini secondo i quali ci è offerta; pertanto il Signore ci richiama amorevolmente da questa nostra via contorta e infelice con un’ammonizione mite e tempestiva, dandoci a intendere che non faremo che perdere il frutto delle nostre fatiche in questa nostra via: «Perché spendete denaro (dice il Signore) per ciò che non è pane e il frutto delle vostre fatiche per ciò che non sazia?».
- Il Signore ci promette una solida soddisfazione nell’avere ricorso alla grazia di Cristo, vera contentezza, e pienezza di piacere spirituale, dicendo: «Ascoltatemi attentamente e mangerete ciò che è buono, gusterete cibi succulenti!»
- Poiché la fede viene da ciò che si ascolta, egli chiama all’ascolto della spiegazione dell’offerta, e chiama a credere e ascoltare la verità, la quale è in grado di generare l’applicazione della fede salvifica, e portare l’anima a confidare in Dio: «Porgete l’orecchio e venite a me», dice il Signore. A questo fine, il Signore promette che quando questa offerta è ricevuta, essa vivificherà il peccatore morto; e che, in seguito all’accoglimento di questa offerta, egli concluderà il patto della grazia con l’uomo che acconsentirà a essa, un patto indissolubile di riconciliazione e pace perpetua: «Ascoltate e voi vivrete; io farò con voi un patto eterno». Il quale patto, annuncia, sarà in sostanza l’assegnazione e il conferimento di tutte le grazie salvifiche che Davide (il quale è Gesù Cristo, Atti 13:34) ha acquistato per noi nel patto della redenzione: «Io farò con voi un patto eterno (dice il Signore), vi largirò le grazie stabili promesse a Davide». Con “grazie stabili” egli intende grazie salvifiche, quali sono la giustizia, la pace e la gioia nello Spirito Santo, l’adozione, la santificazione e la glorificazione, e qualsiasi cosa abbia a che fare con la pietà e la vita eterna.
- Per confermare e assicurarci della reale concessione di queste grazie salvifiche, e per persuaderci della realtà del patto tra Dio e colui che crede a questa parola, il Padre ha fatto un quadruplo dono del suo eterno e unigenito Figlio:
- In primo luogo, che si incarnasse e nascesse per amor nostro, dalla stirpe di Davide il suo tipo; per il quale motivo egli è chiamato qui, e in Atti 13:34, Davide, il vero ed eterno Re di Israele. Questo è il grande dono di Dio all’uomo (Giovanni 4:10), e qui: «Ecco, io l’ho dato come testimonio ai popoli».
- In secondo luogo, egli ha fatto dono di Cristo per essere un testimonio ai popoli, sia delle sicure grazie salvifiche concesse ai redenti nel patto della redenzione, sia anche del desiderio e intenzione del Padre di applicarle e fissarle nel patto della riconciliazione stretto con coloro che si appropriano dell’offerta: «Ecco, io l’ho dato (dice qui il Signore) come testimonio ai popoli». Ed egli è veramente un testimonio sufficiente in questa materia sotto molti aspetti: (1.) Perché egli è un membro della beata Trinità, e parte contraente per noi, nel patto della redenzione, prima che il mondo esistesse; (2.) Egli è in virtù della sua funzione di Mediatore il Messaggero del patto, e ha ricevuto mandato di rivelarlo; (3.) Egli ha iniziato a rivelarlo di fatto in paradiso, dove promise che la progenie della donna avrebbe schiacciato il capo del serpente; (4.) Egli ha annunciato la propria morte e sofferenze, e i grandi benefici che avremmo ricevuto per mezzo di esse, nei tipi e nelle figure di sacrifici e cerimonie prima della sua venuta; (5.) Egli ha rivelato questo patto sempre più chiaramente, parlando mediante il suo Spirito, di età in età, nei santi profeti; (6.) Egli è venuto in persona, nella pienezza del tempo, e ha testimoniato di tutte le cose appartenenti a questo patto, e del desiderio di Dio di includere i credenti in esso; in parte, unendo la nostra natura in un’unica persona con la natura divina; in parte, predicando personalmente la buona notizia del patto; in parte, pagando il prezzo della redenzione sulla croce; e in parte, continuando a trattare con i popoli, dal principio al giorno d’oggi, per attirare e mantenere i redenti in questo patto.
- In terzo luogo, Dio ha fatto dono di Cristo come guida dei popoli, per farci superare ogni difficoltà, ogni afflizione e tentazione, e condurci alla vita, mediante questo patto: ed è lui, e nessun altro, che veramente conduce i suoi al patto e, nel patto, fino alla salvezza: (1.) Mediante la direzione della sua Parola e Spirito; (2.) Mediante l’esempio della propria vita, in fede e obbedienza, fino alla morte di croce; (3.) Mediante il suo possente operare, portando in braccio i suoi redenti e facendo sì che si appoggino a lui nell’attraversare il deserto.
- In quarto luogo, Dio ha fatto dono di Cristo al suo popolo come comandante: la quale funzione egli esercita fedelmente dando alla sua chiesa e popolo leggi e ordinamenti, pastori e governanti, e tutti i necessari funzionari; mantenendo corti e assemblee tra di loro, per assicurarsi che le sue leggi siano rispettate; assoggettando, mediante la sua Parola, Spirito, e mezzi disciplinari, le corruzioni del suo popolo; e, mediante la sua sapienza e potenza, proteggendoli da tutti i loro nemici.
Pertanto colui che ha concluso l’affare con Dio può fortificare la sua fede, ragionando secondo questa maniera:
«Chiunque riceve di cuore l’offerta gratuita della grazia, fatta qui ai peccatori, con sete di giustizia e salvezza: a lui, per un patto eterno, appartiene Cristo, il vero Davide, con tutte le sue sicure grazie salvifiche:
«Ma io (dica il credente debole) ricevo di cuore l’offerta gratuita della grazia fatta qui ai peccatori, con sete di giustizia e salvezza:
«Pertanto a me, per un patto eterno, appartiene Cristo Gesù, con tutte le sue sicure grazie salvifiche».
La seconda ragione e motivo particolare per appropriarsi di Cristo e credere in lui è il caloroso invito che Dio ci rivolge a essere riconciliati con lui in Cristo, riportato in 2 Corinzi 5:19-21:
Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe, e ha messo in noi la parola della riconciliazione. Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio. Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui.
In questo passaggio l’apostolo ci insegna queste nove dottrine:
- Che tutti gli eletti, o tutte le anime redente, sono per natura nello stato di inimicizia contro Dio. Questo è presupposto dalla parola “riconciliazione”; poiché non vi può essere riconciliazione, o rinnovazione dell’amicizia, se non tra coloro che sono stati nemici.
- Che in tutto il tempo passato, dalla caduta di Adamo in avanti, Cristo Gesù, l’eterno Figlio di Dio, in qualità di Mediatore, e il Padre in lui, era occupato a ristabilire l’amicizia (mediante la sua Parola e Spirito) tra se stesso e gli eletti: «Dio (dice l’apostolo) era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo».
- Che la via della riconciliazione era in ogni età sempre la stessa in sostanza, sarebbe a dire, mediante il perdono dei peccati di coloro che ammettono i loro peccati e la loro inimicizia contro Dio, e ricercano la riconciliazione e la remissione dei peccati in Cristo: poiché «Dio (dice l’apostolo) era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe».
- Che il fine e lo scopo del Vangelo, e di tutta la Parola di Dio, è triplice: (1.) Essa serve a rendere le persone consapevoli dei loro peccati, della loro inimicizia contro Dio e del loro pericolo, se si oppongono e non temono l’indignazione di Dio; (2.) La Parola di Dio serve a far conoscere agli uomini la strada che Dio ha preparato per ristabilire l’amicizia con loro attraverso Cristo, sarebbe a dire, che se gli uomini ammetteranno tale inimicizia, e accetteranno di stringere un patto di amicizia con Dio attraverso Cristo, allora Dio accetterà di essere riconciliato con loro gratuitamente; (3.) La Parola di Dio serve a insegnare agli uomini come comportarsi nei confronti di Dio, da amici, dopo che sono stati riconciliati con lui, sarebbe a dire, a essere riluttanti a peccare contro di lui, e a impegnarsi di cuore a obbedire ai suoi comandamenti: e pertanto la Parola di Dio è qui chiamata “la parola della riconciliazione”, perché ci insegna quale bisogno abbiamo della riconciliazione, come ottenerla, e come mantenere la riconciliazione dell’amicizia una volta ottenuta con Dio attraverso Cristo.
- Che benché l’ascoltare, credere, e obbedire a questa Parola spetti a tutti coloro ai quali giunge questo Vangelo; tuttavia l’incarico di predicarlo con autorità non spetta a nessuno, se non soltanto a coloro che Dio chiama al suo ministero, e incarica di svolgere quest’opera. Questo l’apostolo afferma al versetto 19 con queste parole: «E ha messo in noi la parola della riconciliazione».
- Che i ministri del Vangelo dovrebbero comportarsi da messaggeri di Cristo, e dovrebbero attenersi scrupolosamente al loro mandato, messo per iscritto nella Parola in Matteo 28:19-20; e quando fanno questo, dovrebbero essere ricevuti dalle persone come ambasciatori di Dio; poiché qui l’apostolo, a nome di tutti loro, dice: «Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro».
- Che i ministri dovrebbero esortare con ogni fervore le persone ad ammettere i loro peccati, e la loro naturale inimicizia contro Dio, sempre più seriamente; e ad acconsentire al patto della grazia e all’ambasciata di Cristo sempre più calorosamente; e a dare prova sempre più chiaramente della loro riconciliazione, mediante un comportamento santo davanti a Dio. Questo egli afferma quando dice: «Vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio».
- Che nell’affettuosa esortazione dei ministri alle persone, queste dovrebbero considerare che hanno a che fare con Dio e Cristo, i quali le invitano, tramite i ministri, a essere riconciliati. Ora non vi può essere un incentivo più grande per sciogliere il duro cuore di un peccatore del fatto che Dio lo invita a essere suo amico; poiché quando spetterebbe a noi, che abbiamo fatto così tanti torti a Dio, ricercare l’amicizia di Dio, egli ci precede, e (o meraviglia delle meraviglie!) ci invita ad accettare di essere riconciliati con lui; e pertanto un’ira tremenda deve incombere su coloro che disprezzano questo invito, e non si piegano quando sentono dei ministri con un mandato da parte di Dio dire: «Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio».
- Per mostrare come mai il patto della riconciliazione è concluso così facilmente tra Dio e un umile peccatore che fugge a Cristo, l’apostolo ci conduce alla sua causa, esposta nel patto della redenzione, la cui somma è questa: «È concordato tra Dio e il Mediatore Gesù Cristo, il Figlio di Dio e garante per i redenti, in qualità di parti contraenti, che i peccati dei redenti siano imputati a Cristo, che è innocente, ed egli sia condannato e messo a morte per loro a questa condizione, che chiunque acconsente di cuore al patto della riconciliazione offerto attraverso Cristo sia, mediante l’imputazione della sua obbedienza a tale persona, giustificato e ritenuto giusto davanti a Dio; poiché Dio ha fatto diventare Cristo, «che non ha conosciuto peccato» (dice l’apostolo) «peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui».
Pertanto un credente debole può fortificare la sua fede, ragionando a partire da questo fondamento secondo questa maniera:
«Colui che, in seguito all’amorevole invito di Dio e di Cristo, fattogli per bocca dei ministri (che sono stati incaricati a tale fine), si è appropriato dell’offerta di riconciliazione perpetua attraverso Cristo e si propone, per grazia di Dio, da persona riconciliata, di lottare contro il peccato e di servire Dio con tutte le sue forze costantemente, può essere sicuro di avere ricevuto la giustizia e la vita eterna, per l’obbedienza di Cristo a lui imputata, come è sicuro che Cristo è stato condannato e messo a morte per i peccati dei redenti a lui imputati:
«Ma io (dica il credente debole), in seguito all’amorevole invito di Dio e di Cristo, fattomi per bocca dei suoi ministri, mi sono appropriato dell’offerta di riconciliazione perpetua attraverso Cristo e mi propongo, per grazia di Dio, da persona riconciliata, di lottare contro il peccato e di servire Dio con tutte le mie forze costantemente:
«Pertanto posso essere sicuro di avere ricevuto la giustizia e la vita eterna, per l’obbedienza di Cristo a me imputata, come è sicuro che Cristo è stato condannato e messo a morte per i peccati dei redenti a lui imputati».
La terza ragione e motivo particolare per credere in Cristo è il severo e tremendo comando di Dio che ingiunge a tutti coloro che ascoltano il Vangelo di accostarsi a Cristo nell’ordine che ha stabilito e di credere in lui, riportato in 1 Giovanni 3:23:
Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo, Gesù Cristo, e ci amiamo gli uni gli altri secondo il comandamento che ci ha dato.
In questo versetto l’apostolo ci dà a intendere queste cinque dottrine:
- Che se un uomo non sarà attirato dal dolce invito di Dio, né dall’umile e amorevole richiesta che Dio gli rivolge di essere riconciliato con lui, si troverà ad avere a che fare con l’autorità sovrana della Maestà suprema: «Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo», dice l’apostolo.
- Che se un uomo guarda a questo comandamento come ha guardato finora ai comandamenti della legge che ha trascurato, deve considerare che questo è un comando del Vangelo, successivo alla legge, dato per fare uso del rimedio per tutti i peccati; se si disobbedisce al quale, non vi è nessun altro comando da seguire se non questo: «Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno», poiché «questo è il suo comandamento», l’obbedienza al quale è graditissima ai suoi occhi, v. 22, e senza la quale è impossibile piacergli, Ebrei 11:6.
- Che chiunque ascolta il Vangelo deve fare coscienza del dovere di una fede viva in Cristo: il credente debole non deve ritenere presunzione fare ciò che è comandato; la persona propensa alla disperazione deve risollevarsi, e pensare all’obbedienza a questo dolce comando salvifico; il credente forte deve immergersi ancora di più nel senso del suo bisogno di Gesù Cristo, e crescere sempre di più nell’obbedienza a questo comando; sì, la persona più impenitente, sacrilega e malvagia non deve escludere se stessa, o essere esclusa da altri, dal mirare diligentemente a questo dovere, per quanto disperata la sua condizione possa sembrare; poiché colui che comanda a tutti gli uomini di credere in Cristo, comanda in tal modo a tutti gli uomini di credere che sono dannati e perduti senza Cristo; egli comanda in tal modo a tutti gli uomini di ammettere i loro peccati e il loro bisogno di Cristo, e di fatto comanda a tutti gli uomini di ravvedersi, affinché credano in lui. E chiunque rifiuta di ravvedersi dei peccati che ha commesso è colpevole di avere disobbedito a questo comando dato a tutti coloro che lo ascoltano, ma specialmente a coloro che sono all’interno della chiesa visibile: «Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo, Gesù Cristo», dice l’apostolo.
- Che colui che obbedisce a questo comandamento ha edificato la sua salvezza su un fondamento solido: poiché, (1.) Egli ha trovato il Messia promesso, completamente dotato di ogni perfezione per eseguire perfettamente le funzioni di profeta, sacerdote, e re, poiché egli è quel Cristo nel quale egli crede; (2.) Egli si è appropriato di un Salvatore che può salvare perfettamente, sì, e che salva efficacemente chiunque si avvicina a Dio per mezzo di lui, poiché egli è Gesù, il vero Salvatore del suo popolo dai loro peccati; (3.) Colui che obbedisce a questo comando ha edificato la sua salvezza sulla Roccia, sarebbe a dire, sul Figlio di Dio, il quale non reputa rapina l’essere uguale al Padre, e che è degno di essere l’oggetto della fede salvifica e dell’adorazione spirituale: poiché «questo è il suo comandamento (dice l’apostolo): che crediamo nel nome del Figlio suo, Gesù Cristo».
- Che colui che ha creduto in Gesù Cristo, sebbene sia stato liberato dalla maledizione della legge, non è stato liberato dal comando e dall’obbedienza alla legge, ma vincolato a essi da un nuovo obbligo e un nuovo comando da parte di Cristo, il quale nuovo comando da parte di Cristo conferisce l’aiuto necessario a obbedire al comando: al quale comando da parte di Cristo il Padre aggiunge anche la sua autorità e comando, poiché «questo è il suo comandamento (dice Giovanni): che crediamo nel nome del Figlio suo, Gesù Cristo, e ci amiamo gli uni gli altri secondo il comandamento che ci ha dato». La prima parte di questo comando, che ingiunge di credere in lui, implica necessariamente l’amore per Dio, e dunque l’obbedienza alla prima tavola della legge, poiché credere in Dio e amare Dio sono inseparabili; e la seconda parte del comando ingiunge di amare il nostro prossimo (specialmente i fratelli in fede), e dunque l’obbedienza alla seconda tavola della legge.
Pertanto un credente debole può fortificarsi, ragionando a partire da questo fondamento secondo questa maniera:
«Chiunque, spinto dal senso della propria peccaminosità e dal timore dell’ira di Dio, al comando di Dio, è fuggito a Gesù Cristo, l’unico rimedio per il peccato e la miseria, e ha impegnato il suo cuore a obbedire alla legge dell’amore, non ha una fede presuntuosa o morta, ma una fede vera e salvifica:
«Ma io (dica il credente debole), spinto dal senso della mia peccaminosità e dal timore dell’ira di Dio, sono fuggito a Gesù Cristo, l’unico rimedio per il peccato e la miseria, e ho impegnato il mio cuore a obbedire alla legge dell’amore:
«Pertanto la mia fede non è una fede presuntuosa e morta, ma una fede vera e salvifica».
La quarta ragione e motivo particolare per credere in Cristo è la grande certezza della vita che è data qualora gli uomini obbediscano al comando di credere, e una tremenda attestazione di distruzione qualora non obbediscano, riportati in Giovanni 3:35-36.
Il Padre ama il Figlio e gli ha dato ogni cosa in mano. Chi crede nel Figlio ha vita eterna; chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.
In questo passaggio ci sono presentate queste cinque dottrine che seguono:
- Che il Padre si compiace delle azioni intraprese dal Figlio, divenuto Redentore e Garante, per pagare il riscatto dei credenti e perfezionarli nella santità e salvezza: «Il Padre ama il Figlio» dice l’evangelista, sarebbe a dire, in qualità di nostro Mediatore, che si impegna a perfezionare la nostra redenzione sotto ogni aspetto; il Padre lo ama, sarebbe a dire, accetta di cuore la sua offerta di svolgere quest’opera, e si compiace in lui; la sua anima si diletta in lui, riposa su di lui e lo rende, in questa sua funzione, il ricettacolo dell’amore, della grazia e del favore di Dio che egli trasmette a coloro che credono in lui.
- Che, per l’adempimento del patto della redenzione, il Padre ha dato al Figlio (in qualità di Mediatore, o in quanto Dio incarnato, la Parola diventata carne) ogni potere in cielo e sulla terra, ogni pienezza delle ricchezze della grazia, e dello spirito e della vita, con ogni potere e facoltà che l’unione della natura divina con quella umana, o che la pienezza della Deità che abita corporalmente nella sua natura umana, o che l’indivisibile piena sufficienza e onnipotenza dell’inseparabile e onnipresente Trinità conferiscono, o l’opera della redenzione può richiedere: «Il Padre (dice l’evangelista) gli ha dato ogni cosa in mano», sarebbe a dire, per compiere la sua opera.
- Una grande certezza della vita è data a tutti coloro che riceveranno di cuore Cristo e l’offerta del patto della grazia e della riconciliazione attraverso di lui: «Chi crede nel Figlio (dice l’evangelista) ha vita eterna», poiché essa gli è conferita saldamente, (1.) Nel proposito e nell’irrevocabile decreto di Dio, siccome il credente è un uomo eletto a vita; (2.) Dalla sua chiamata efficace a vita da parte di Dio, il quale, siccome è fedele, farà anche questo; (3.) Dalla promessa e patto eterno, giurato da Dio, di dare al credente una potente consolazione in vita e in morte, sulla base di fondamenta immutabili; (4.) Dal suo pegno e conferimento simbolico sotto forma del gran sigillo del sacramento della cena del Signore, ogni volta che il credente viene a ricevere i simboli e pegni della vita; (5.) In Cristo, la fonte e sorgente della vita, il quale ne è entrato in possesso in qualità di procuratore per i credenti, e nel quale la nostra vita è così riposta da non poterci essere tolta; (6.) Dall’avere iniziato a possedere la vita spirituale, la rigenerazione e un regno che è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo, stabilito nel credente, come pegno del pieno possesso della vita eterna.
- Una tremenda attestazione è data se un uomo non riceve la dottrina riguardante la giustizia e la vita eterna da ottenersi mediante Gesù Cristo: «Chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita», sarebbe a dire, tanto da non comprendere nemmeno che cosa significhi.
- Inoltre egli attesta che se un uomo non riceve la dottrina del Figlio di Dio sarà doppiamente gravato dell’ira di Dio; anzitutto, in quanto ribelle nato per natura, subirà la maledizione della legge, o del patto delle opere; e quindi subirà una condanna maggiore relativamente a quella luce che essendo venuta nel mondo, ed essendogli stata offerta, egli ha rifiutato, e ha amato le tenebre più della luce: e questa duplice ira rimarrà saldamente e irremovibilmente fissa su di lui, fintanto che rimane nella condizione di incredulità: «Ma l’ira di Dio rimane su di lui», dice l’evangelista.
Pertanto il credente debole può fortificare la sua fede, ragionando a partire da questo fondamento secondo questa maniera:
«Chiunque crede la dottrina trasmessa dal Figlio di Dio, e si trova in parte attirato con potenza a credere in lui dalla visione della vita in lui, e in parte spinto dal timore dell’ira di Dio ad aggrapparsi a lui, può essere sicuro del suo diritto e interesse alla vita eterna attraverso di lui:
«Ma io, peccatore e indegno (dica il credente debole), credo la dottrina trasmessa dal Figlio di Dio, e mi sento in parte attirato con potenza a credere in lui dalla visione della vita in lui, e in parte spinto dal timore dell’ira di Dio ad aggrapparmi a lui:
«Pertanto posso essere sicuro del mio diritto e interesse alla vita eterna attraverso di lui».
LE PROVE DELLA VERA FEDE
Questo può bastare per quanto riguarda le fondamenta della fede e le ragioni per credere. Ora, per la dimostrazione della vera fede mediante i suoi frutti, sono necessarie queste quattro cose:
I. Che il credente sia fermamente convinto, a suo giudizio, del suo obbligo di osservare tutta la legge morale tutti i giorni della sua vita; e questo non di meno, ma tanto più siccome è stato liberato da Cristo dal patto delle opere e dalla maledizione della legge.
II. Che si sforzi di crescere nell’esercizio e nella pratica quotidiana della pietà e della giustizia.
III. Che il corso della sua nuova obbedienza scorra nel giusto canale, sarebbe a dire attraverso la fede in Cristo, e attraverso una buona coscienza, verso tutti i doveri dell’amore nei confronti di Dio e dell’uomo.
IV. Che mantenga una stretta comunione con la fonte Cristo Gesù, dal quale la grazia deve scorrere per la produzione di buoni frutti.
Per quanto riguarda la prima, sarebbe a dire, per convincere il credente, a suo giudizio, del suo obbligo di osservare la legge morale, si prenda tra molti passaggi Matteo 5:16-20:
Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli. Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire, ma per portare a compimento. Poiché in verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice passerà dalla legge senza che tutto sia adempiuto. Chi dunque avrà violato uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma chi li avrà messi in pratica e insegnati sarà chiamato grande nel regno dei cieli. Poiché io vi dico che, se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli.
In questo passaggio il nostro Signore:
- Dà comandamento ai credenti, giustificati mediante la fede, di dare dimostrazione della grazia di Dio che è in loro davanti agli uomini, facendo le opere buone: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, (dice il Signore) affinché vedano le vostre buone opere».
- Li induce a fare ciò, mostrando che benché non siano giustificati mediante le opere, tuttavia coloro che vedono le loro opere buone possono essere convertiti o edificati; e così la gloria abbondi a Dio mediante le loro opere buone, quando i testimoni delle medesime «glorificheranno il Padre vostro che è nei cieli».
- Egli non dà loro nessun’altra regola per la loro nuova obbedienza al di fuori della legge morale, messa per iscritto e spiegata da Mosè e dai profeti: «Non pensate (dice il Signore) che io sia venuto per abolire la legge o i profeti».
- Dà loro a intendere che la dottrina della grazia e la libertà dalla maledizione della legge mediante la fede in lui sono facilmente travisate dai giudizi corrotti degli uomini, come se allentassero o riducessero l’obbligo dei credenti di obbedire ai comandi ed essere soggetti all’autorità della legge; e che questo errore è veramente distruttivo della legge e dei profeti, ed egli non lo tollererà mai in nessun caso in nessuno dei suoi discepoli, tanto è contrario al fine della sua venuta, che è anzitutto di santificare, e quindi di salvare i credenti: «Non pensate (dice il Signore) che io sia venuto per abolire la legge o i profeti».
- Egli insegna che il fine del Vangelo e del patto della grazia è di procurare l’obbedienza degli uomini alla legge morale: «Io sono venuto (dice il Signore) non per abolire, ma per portare a compimento».
- Che l’obbligo della legge morale, in tutti i suoi punti, a ogni santo dovere, è perpetuo, e rimarrà fino alla fine del mondo, sarebbe a dire, «finché non siano passati il cielo e la terra».
- Che come Dio ha preservato le Scritture dal principio, così continuerà a preservarle fino alla fine del mondo, così che non passerà neppure un iota o un apice della sostanza della medesima, come dice il testo al versetto 18.
- Che come la violazione della legge morale, e difendere le trasgressioni della medesima come se non fossero peccato, escludono gli uomini sia dal cielo, e giustamente anche dalla comunione della vera chiesa; così l’obbedienza alla legge, e insegnare agli altri a fare lo stesso, con il proprio esempio, consiglio e dottrina, a seconda della vocazione di ciascuno, dimostrano che un uomo è un vero credente, assai stimato da Dio e degno di essere assai stimato dalla vera chiesa, versetto 19.
- Che la giustizia di ogni vero cristiano deve superare la giustizia degli scribi e dei farisei: poiché gli scribi e gli farisei, benché si dessero gran pena ad assolvere a svariati doveri della legge, tuttavia riducevano l’esposizione della medesima, affinché condannasse di meno la loro pratica; essi prestavano attenzione alla parte esteriore del dovere, ma trascuravano la parte interiore e spirituale; assolvevano ad alcuni doveri minori scrupolosamente, ma trascuravano il giudizio, la misericordia e l’amore di Dio: in breve, cercavano di stabilire la propria giustizia, e rifiutavano la giustizia di Dio mediante la fede in Gesù. Ma un vero cristiano deve avere più di tutto questo: egli deve riconoscere la piena portata del significato spirituale della legge, rispettare tutti i comandamenti, adoperarsi per purificare se stesso da ogni immondizia della carne e dello spirito, e non dar peso a quale servizio ha reso, o renderà, ma rivestirsi della giustizia imputata di Cristo, la quale soltanto può nascondere la sua nudità, o altrimenti non può essere salvato, come dice il testo: «Poiché io vi dico che, se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli».
La seconda cosa necessaria per dimostrare una fede vera è che il credente si sforzi di mettere in pratica le regole della pietà e della giustizia, e di crescere nell’esercizio quotidiano delle medesime, riportata in 2 Pietro 1:5-8:
Voi, per questa stessa ragione, mettendoci da parte vostra ogni impegno, aggiungete alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza l’autocontrollo, all’autocontrollo la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’affetto fraterno e all’affetto fraterno l’amore. Perché se queste cose si trovano e abbondano in voi, non vi renderanno né pigri, né sterili nella conoscenza del nostro Signore Gesù Cristo.
In questo passaggio:
- L’apostolo insegna ai credenti, per dare dimostrazione della fede preziosa che è in loro, di sforzarsi di aggiungere alla loro fede altre sette grazie sorelle. La prima è la virtù, o l’esercizio attivo e la pratica di tutti i doveri morali, che così la fede non sia inoperosa, ma si metta all’opera. La seconda è la conoscenza, che serve a fornire alla fede la cognizione della verità da credersi, e a fornire alla virtù l’indicazione di quali doveri vanno adempiuti, e come farlo avvedutamente. La terza è l’autocontrollo, che serve a moderare l’uso di tutte le cose piacevoli, affinché un uomo non sia intralciato dalle medesime, né reso incapace di adempiere ai doveri ai quali è chiamato. La quarta è la pazienza, che serve a moderare gli affetti di un uomo quando si scontra con qualche difficoltà o cosa spiacevole, affinché non si stanchi a causa della fatica necessaria per fare il bene, né si perda d’animo quando il Signore lo castiga, né mormori quando lo osteggia. La quinta è la pietà, che può sostenerlo in tutti gli esercizi della religione, interiori ed esteriori, per mezzo della quale può essere preparato da Dio per tutti gli altri doveri a cui deve adempiere. La sesta è l’affetto fraterno, che stima e ama tutti i fratelli nella fede, e l’immagine di Dio in chiunque la si veda. La settima è l’amore, che tiene il cuore pronto a fare del bene a tutti gli uomini, chiunque essi siano, in ogni occasione che Dio offrirà.
- Benché sia vero che vi è molta corruzione e infermità nei pii, tuttavia l’apostolo vuole che gli uomini si sforzino onestamente e facciano del loro meglio, come possono, per unire tutte queste grazie le une alle altre e crescere nella misura del loro esercizio: «Voi, per questa stessa ragione (dice l’apostolo), mettendoci da parte vostra ogni impegno, aggiungete alla vostra fede la virtù, etc».
- Egli assicura a tutti coloro che hanno professato la fede che, nella misura in cui trarranno beneficio dall’obbedienza a queste istruzioni, dimostreranno proficuamente la bontà della propria fede: e, se dovessero mancare di queste grazie, risulteranno essere ciechi ingannatori di se stessi, versetto 9.
La terza cosa necessaria per dimostrare una fede vera è che l’obbedienza alla legge scorra nel giusto canale, sarebbe a dire, attraverso la fede in Cristo, riportata in 1 Timoteo 1:5:
Lo scopo di questo incarico è l’amore che viene da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera.
In questo versetto l’apostolo insegna queste sette dottrine:
- Che l’obbedienza alla legge deve scaturire dall’amore, l’amore da un cuore puro, un cuore puro da una buona coscienza e una buona coscienza da una fede sincera: questo egli rende l’unico giusto canale delle opere buone: «Lo scopo di questo incarico è l’amore, etc».
- Che il fine della legge non è che gli uomini siano giustificati mediante la loro obbedienza a essa, come i dottori dei giudei insegnavano falsamente, poiché è impossibile che i peccatori possano essere giustificati mediante la legge, i quali, per ogni trasgressione, sono condannati dalla legge: poiché «lo scopo di questo incarico è (non quello che i dottori dei giudei insegnavano, ma) l’amore che viene da un cuore puro, etc».
- Che il vero fine della legge, predicato ai popoli, è che essi, mediante la legge, essendo messi di fronte alla loro meritata condanna, fuggano a Cristo sinceramente per essere giustificati mediante la fede in lui; così dice il testo, facendo scaturire l’amore dalla fede in Cristo.
- Che nessun uomo può impegnarsi per amore a obbedire alla legge, se non nella misura in cui la sua coscienza è stata acquietata dalla fede, o sta cercando di essere acquietata in Cristo; poiché «lo scopo di questo incarico è l’amore […] da una buona coscienza e da una fede sincera».
- Che una fede insincera va a Cristo senza fare i conti con la legge, e così le manca un’incombenza; ma la fede sincera fa i conti con la legge ed è costretta a fuggire a Cristo in cerca di rifugio, in quanto termine della legge per la giustificazione, ogni volta che si scopre colpevole della violazione della legge: poiché «lo scopo di questo incarico è […] una fede sincera».
- Che affinché i frutti dell’amore si traducano specialmente in azione, è necessario che il cuore sia portato a odiare ogni peccato e immondizia, e a un saldo proposito di ricercare universalmente ogni santità: poiché «lo scopo di questo incarico è l’amore che viene da un cuore puro».
- Che una fede sincera è capace di rendere la coscienza buona, il cuore puro e l’uomo amorevolmente obbediente alla legge; poiché quando si vede mediante la fede che il sangue di Cristo placa la giustizia di Dio, allora anche la coscienza si acquieta, e non permetterà al cuore di covare l’amore per il peccato, ma mette l’uomo all’opera per temere Dio per la sua misericordia, e obbedire a tutti i suoi comandamenti per amore nei confronti di Dio, per il suo dono gratuito della giustificazione, conferitogli per grazia: poiché questo è veramente «lo scopo di questo incarico», così che la legge ottiene da parte di un uomo più obbedienza che in qualsiasi altro modo.
La quarta cosa necessaria per dimostrare una fede vera è il mantenimento di una stretta comunione con Cristo, la fonte di ogni grazia e di ogni opera buona, riportata in Giovanni 15:5:
Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me, e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla.
In questo versetto Cristo, in una similitudine con l’albero della vite, ci insegna:
- Che siamo per natura dei rovi selvatici infruttuosi, finché non siamo cambiati venendo a Cristo; e che Cristo è quella nobile vite che ha in sé ogni vita e linfa della grazia, ed è in grado di cambiare la natura di chiunque venga a lui, e di comunicare lo spirito e la vita a tutti coloro che crederanno in lui: «Io sono la vite (dice Cristo), voi siete i tralci».
- Che Cristo ama unire a sé i credenti in modo tale che non saranno mai separati dall’incredulità, e che vi sia una mutua inabitazione dei credenti in lui mediante la fede e l’amore, e di lui in loro mediante la sua Parola e il suo Spirito; poiché egli congiunge queste due cose, «colui che dimora in me, e nel quale io dimoro», come cose inseparabili.
- Che a meno che un uomo non sia innestato in Cristo e unito a lui mediante la fede, non può fare la minima opera buona con le proprie forze; sì, eccetto che nella misura in cui un uomo attinge lo spirito e la vita da Cristo mediante la fede, le sue opere sono cattive e prive di bontà agli occhi di Dio: «Perché senza di me (dice Cristo) non potete fare nulla».
- Che questa mutua inabitazione è la fonte e la causa infallibile della costante perseveranza e abbondanza nel fare il bene, poiché «colui che dimora in me, e nel quale io dimoro, (dice Cristo) porta molto frutto». Ora, come il nostro dimorare in Cristo presuppone tre cose: (1.) Che abbiamo udito il suono gioioso del Vangelo, facente offerta di Cristo a noi, che per la legge siamo peccatori perduti; (2.) Che ci siamo appropriati di cuore della graziosa offerta di Cristo; (3.) Che ricevendolo siamo diventati figli di Dio (Giovanni 1:12), e siamo stati incorporati nel suo corpo mistico, affinché egli dimori in noi come nel suo tempio, e noi dimoriamo in lui come nella dimora della giustizia e della vita; così il nostro dimorare in Cristo comporta altre tre cose: (1.) Che impieghiamo Cristo ogni volta che ci rivolgiamo a Dio, e in tutto ciò che intraprendiamo per servirlo; (2.) Che ci accontentiamo della sua sufficienza, senza mai uscire da lui per andare in cerca di giustizia, vita, o qualsiasi altra cose necessaria nella dignità nostra o di una qualsiasi delle creature; (3.) Che siamo saldi nel nostro credere in lui, saldi nel nostro impiegarlo e fare uso di lui, saldi nel nostro accontentarci di lui e aggrapparci a lui, così che nessun allettamento, nessuna tentazione di Satana o del mondo, nessuno spavento o avversità sia in grado di far desistere i nostri spiriti dall’aggrapparci saldamente a lui, o dalla costante professione della sua verità, e obbedire ai comandi di colui che ci ha amati, e ha dato se stesso per noi; e nel quale non è riposta soltanto la nostra vita, ma abita corporalmente anche la pienezza della Deità, a motivo dell’unione sostanziale e personale della natura divina e di quella umana in lui.
Pertanto ogni credente vigile, per fortificarsi nella fede e nell’obbedienza, ragioni secondo questa maniera:
«Chiunque impiega quotidianamente Cristo Gesù per purificare la propria coscienza e affetti dalla colpa e dall’immondizia dei peccati contro la legge, e per essere in grado di obbedire alla legge per amore, ha in sé la prova della vera fede:
«Ma io (dica ogni credente vigile) impiego quotidianamente Gesù Cristo per purificare la mia coscienza e affetti dalla colpa e dall’immondizia dei peccati contro la legge, e per essere in grado di obbedire alla legge per amore:
«Pertanto ho in me la prova della vera fede».
E pertanto anche il credente sonnolento e poltrone ragioni, per risvegliarsi, in tal modo:
«Tutto ciò che è necessario per dare dimostrazione della vera fede, io mi impegno a fare, se non voglio ingannare me stesso e perire:
«Ma impiegare Cristo Gesù quotidianamente per purificare la mia coscienza e affetti dalla colpa e dall’immondizia dei peccati contro la legge, e per essere in grado di obbedire alla legge per amore, è necessario per dare dimostrazione della vera fede in me:
«Pertanto devo impegnarmi a fare queste cose, se non voglio ingannare me stesso e perire».
E, infine, dal momento che Cristo stesso ha dichiarato che questa è una prova infallibile che un uomo è stato eletto da Dio a vita e dato a Gesù Cristo per essere redento, “se viene a lui”, sarebbe a dire, conclude il patto e mantiene la comunione con lui, come ci insegna in Giovanni 6:37, dicendo: «Tutti quelli che il Padre mi dà verranno a me; e colui che viene a me, non lo caccerò fuori»; ogni persona che non fa uso di Cristo con il massimo zelo per la remissione del peccato e la riforma della propria vita, ragioni a partire da qui, e da tutte le premesse, secondo questa maniera, affinché la sua coscienza sia risvegliata:
«Chiunque non è convinto né mediante la legge né mediante il Vangelo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio, sì da essere indotto a venire a Cristo e impiegarlo quotidianamente per la remissione del peccato, e la riforma della propria vita, è privo non soltanto di ogni prova della fede salvifica, ma anche di ogni parvenza della sua elezione, fintanto che rimane in questa condizione:
«Ma io (dica ogni persona impenitente) non sono convinto né dalla legge né dal Vangelo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio, sì da essere indotto a venire a Cristo e impiegarlo quotidianamente per la remissione del peccato, e la riforma della mia vita:
«Pertanto sono privo non soltanto di ogni prova della fede salvifica, ma anche di ogni parvenza della mia elezione, fintanto che rimango in questa condizione».
Tradotto da A.P.
La traduzione – © Mission to Italy – RisorseRiformate.com
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