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Gesù nacque veramente da una vergine? 

di Risorse Riformate

Isaia 7.14 la nascita virginale

 

Di Guy M. Richard.  

Per molte persone, domandarsi se una vergine possa partorire è un po’ come domandarsi se i maiali possano volare, il tempo possa essere fatto scorrere al contrario o si possa impedire al sole di splendere; ma in ognuna di queste circostanze, dobbiamo ricordarci che affinché questi eventi soprannaturali siano possibili basta che esista un Dio soprannaturale. C.S. Lewis ci ricorda questa grande verità nel suo libro Miracoli, e di fatto si spinge ad affermare che una volta che accettiamo una visione del mondo teistica, nella quale un Dio soprannaturale esiste ed è coinvolto nell’ordine naturale delle cose, gli eventi soprannaturali non sono semplicemente possibili, ma qualcosa che dobbiamo aspettarci; e se dobbiamo aspettarci degli eventi soprannaturali, allora che una vergine partorisca o il sole smetta di splendere sono il genere di cose che dovremmo aspettarci che succedano.   

Ma è pur vero che aspettarsi che si verifichino degli eventi come una vergine che partorisce è un conto, e aspettarsi che una vergine effettivamente partorisca è tutt’altra cosa. Se non fosse per il chiaro insegnamento della Parola di Dio al riguardo, non potremmo che dire che è teoricamente possibile che una vergine partorisca, data una visione del mondo teistica; tuttavia la Bibbia non solo afferma specificamente che una vergine ha effettivamente partorito, ma predice che avrebbe partorito più di settecento anni prima che questo avesse effettivamente luogo. Questa predizione si avvera nel tempo e nello spazio nella vita della vergine Maria, come testimoniano i Vangeli. Pertanto, se vogliamo sapere con certezza se dovremmo aspettarci che una vergine partorisca, dobbiamo esaminare questa predizione, che troviamo in Isaia 7:14, e il suo adempimento in Matteo 1 e Luca 1.   

Isaia 7:14 afferma chiaramente che in un momento futuro un’anonima “vergine” avrebbe partorito un figlio e lo avrebbe chiamato “Emmanuele”. Questo passaggio, però, è stato messo in discussione da alcuni studiosi i quali sostengono che la parola ebraica almah, che è tradotta “vergine” nella Nuova Diodati, dovrebbe essere in realtà tradotta “giovane donna”, e che se Isaia avesse voluto dire “vergine”, avrebbe usato la parola ebraica bethulah invece di almah perché, a loro dire, bethulah si riferisce specificamente a una vergine, al contrario di almah. Vi sono diverse cose che dobbiamo rispondere a questi studiosi.   

Anzitutto, non è così chiaro che queste due parole ebraiche (almah e bethulah) significhino ciò che questi studiosi credono. In primo luogo, i significati di entrambe le parole sembrano dipendere dal contesto in cui si trovano. La parola bethulah, ad esempio, compare all’incirca cinquanta volte nell’Antico Testamento, ma sembra avere il significato di “vergine” soltanto in ventuno di esse; le altre ventinove sono più incerte e potrebbero fare riferimento a una vergine o una giovane donna. Inoltre, una di queste occorrenze in Genesi 24:16 suggerisce che bethulah è in realtà una parola più generica che richiede ulteriori informazioni nel contesto prima di poter essere tradotta “vergine”. In questo versetto, Rebecca è descritta come un certo tipo di bethulah: «nessun uomo l’aveva mai conosciuta». Se veramente bethulah significasse sempre e solo “vergine”, allora l’aggiunta della chiarificazione «nessun uomo l’aveva mai conosciuta» sarebbe ripetitiva e superflua; la sua inclusione suggerisce che la parola bethulah non significa di per sé “vergine”, ma soltanto quando il contesto lo richiede. Una cosa analoga si può dire a proposito della parola almah: essa compare all’incirca nove volte nell’Antico Testamento e in almeno tre di esse il contesto ci aiuta a determinare che fa chiaramente riferimento a una vergine e non soltanto a una giovane donna. Il fatto è che bethulah non significa sempre e solo “vergine” e almah non significa sempre e solo “giovane donna”: il contesto è fondamentale per determinare l’esatto significato del termine di volta in volta.   

In secondo luogo, è certo che la parola almah non è mai usata per fare riferimento a una donna sposata: questo è vero anche in quei casi in cui il contesto non ci permette di affermare con certezza che debba fare riferimento a una vergine. Lutero ne era così sicuro che offrì 100 fiorini (l’equivalente di 40.000 euro al giorno d’oggi) a chiunque fosse stato in grado di dimostrare che la parola almah era mai usata in riferimento a una donna sposata nell’Antico Testamento e né lui, né nessun altro da allora ha mai dovuto sborsare quella cifra, perché almah fa sempre riferimento a una donna nubile in età da matrimonio.   

L’ebraismo dell’Antico Testamento non era una cultura nota per la sua promiscuità, quanto meno non tra le sue giovani donne. La legge ebraica esigeva l’amministrazione della pena capitale a qualsiasi giovane donna nubile in età da matrimonio che si scoprisse non essere vergine (Deuteronomio 22:13-21), il che significa che ai giorni di Isaia l’aspettativa di tutti sarebbe stata che una giovane donna nubile in età da matrimonio fosse necessariamente una vergine.   

In secondo luogo, il contesto di Isaia 7:14 indica che il modo migliore di tradurre almah è necessariamente “vergine” e non semplicemente “giovane donna in età da matrimonio”. Dio sta dando un segno all’incredulo re Acaz ed è difficile comprendere come una “giovane donna in età da matrimonio” che concepisce e partorisce un figlio possa essere considerata un segno da parte di Dio. Per definizione, un segno deve essere qualcosa di straordinario: altrimenti come si fa a sapere che è effettivamente un segno? Una giovane donna che dà alla luce un figlio fuori dal matrimonio farebbe certamente scalpore, ma non sarebbe certo qualcosa di straordinario in una maniera degna di Dio: non solo egli è perfettamente giusto e santo, ma esige che il suo popolo sia santo proprio perché egli stesso è santo (Levitico 19:2). Il messaggio di Isaia 7 sembra essere che il segno di Dio sarebbe stato un bambino straordinario (non scandaloso) che sarebbe venuto al mondo tramite una nascita straordinaria (non scandalosa) e sarebbe stato umano e divino: umano perché sarebbe nato da una donna, e divino perché sarebbe stato “Dio con noi”. Pertanto non poteva venire al mondo nello stesso modo in cui lo fa ogni altro bambino: la sua nascita doveva essere speciale – doveva nascere da una vergine. Se così non fosse stato, il nascituro sarebbe potuto essere soltanto umano e non potrebbe essere Emmanuele, Dio con noi.   

In terzo luogo, la traduzione greca dell’Antico Testamento ebraico, la Septuaginta, conferma che il modo migliore di intendere almah in Isaia 7:14 è “vergine” traducendo questo versetto con la parola greca parthenos, che denota più esplicitamente una vergine, piuttosto che neanis, che significa più genericamente una giovane donna; inoltre, le narrative dei Vangeli in Matteo 1 e Luca 1 usano entrambe la parola greca parthenos in riferimento a Maria e lo fanno in un contesto che la rappresenta esplicitamente come una vergine. In Matteo 1:18, ad esempio, leggiamo che Maria si trova incinta «prima che [lei e Giuseppe] iniziassero a stare insieme»: questa è la ragione per cui Giuseppe decise di annullare il loro fidanzamento, perché sapeva di non essere il padre del bambino che Maria aveva in grembo (v. 19), e non c’è dubbio che Giuseppe avrebbe messo in atto il suo piano di lasciare Maria se non fosse stato per “l’angelo del Signore” che gli apparve in sogno e gli disse che il bambino nel grembo di Maria non era di un uomo ma “opera dello Spirito Santo” (v. 20). Matteo cita dunque Isaia 7:14 e afferma, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, che la profezia di questo versetto è adempiuta nella nascita di Gesù da una vergine – esattamente ciò che ci aspetteremmo alla luce di tutto quello che abbiamo visto a proposito di Isaia 7:14.   

Similmente, in Luca 1:27 Maria è definita due volte una “vergine” (parthenos) e l’angelo Gabriele le dice che, sempre da vergine, ella partorirà un figlio che «sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo» (vv. 31-32). Comprensibilmente, Maria chiede a Gabriele come avverrà questo, poiché, per sua stessa ammissione, non ha mai conosciuto un uomo (v. 34) e Gabriele le risponde dicendo che non vi sarà nessun uomo coinvolto nel processo. Si tratterà di una nascita straordinaria: «Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti adombrerà», e il potere dello Spirito genererà un bambino straordinario: «pertanto il santo che nascerà da te sarà chiamato figlio di Dio» (v. 35).   

Per tutte queste ragioni, possiamo essere certi che una vergine ha veramente partorito: non solo questo è il genere di cosa che dovremmo aspettarci dal momento che esiste un Dio soprannaturale, ma questa è esattamente la cosa che dovremmo aspettarci dal momento che ce lo dice la Bibbia. Isaia 7:14 predice che una “vergine” (e non semplicemente una “giovane”) avrebbe partorito un figlio che sarebbe stato allo stesso tempo divino e umano, e i Vangeli riportano l’adempimento di quella predizione nella vita di Maria e Gesù. La gloria del Natale è che l’aspettativa di Isaia 7:14 è divenuta realtà: la vergine ha veramente partorito un figlio che è stato chiamato Emmanuele perché era veramente Dio con noi, ed è stato chiamato Gesù perché ha veramente salvato il suo popolo dai loro peccati (Matteo 1:21). Questo è il motivo per cui cantiamo “gioia al mondo! Il Signore è arrivato”.   

Fonte:  Was Jesus Really Born of a Virgin? ,  Copyright 2021, da Guy M. Richard. Ligonier Ministries.  

Guy M. Richard è preside e professore associato di teologia sistematica presso il Reformed Theological Seminary ad Atlanta e autore di diversi libri tra cui Baptism: Answers to Common Questions.  

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