di Hugh Binning
L’incertezza non è niente di nuovo, ma con la crisi del coronavirus ha raggiunto dei livelli estremi: vi è incertezza a proposito di fatti, cifre, trasmissione, sintomi e risposte da parte della scienza. Non c’è dubbio che vi siano stati tempi e luoghi che hanno sperimentato ancora più incertezza, ma per molti questo è tutto un altro livello dal momento che il disagio e l’incertezza hanno inciso su vari aspetti della vita della maggior parte delle persone. Tutte queste incognite sono personali alla pari che sociali ed economiche: non sappiamo quanto a lungo durerà l’impatto della crisi e questo crea paura e ansia. Come dovremmo rispondere? Alcuni vogliono rispondere promettendo degli elementi di certezza, ma questi fanno in fretta ad esaurirsi. Chi può dire con sufficiente certezza cosa succederà o quando? In verità, vi è ben poco nelle nostre vite di costante o assolutamente certo e dobbiamo accettare questo fatto per quello che è – anche perché può insegnarci molte lezioni se lo consideriamo attraverso l’insegnamento della Scrittura.
C’è chi dice che l’incertezza è un bene: è la necessità di risolvere questo o quel problema che ci spinge ad accrescere la nostra conoscenza e progredire nella scienza e in altre aree. Ma possiamo anche imparare molto dall’incertezza da un punto di vista pratico e spirituale nel cercare di camminare umilmente con Dio. Hugh Binning tratta della natura dell’incertezza nel suo commento a Proverbi 27:1: non possiamo vantarci di cosa faremo o realizzeremo domani perché non sappiamo cosa ogni giorno possa produrre. Nel brano che segue, ci mostra cosa possiamo imparare dall’incertezza.
1. L’INCERTEZZA È NATURALE
Il domani è al di là della portata dell’uomo: tutto ciò che egli può fare è provvedere al presente. Il domani non è presente in senso proprio perché, rispetto all’eternità, se ne va in un secondo, in un battito di ciglia; anche se potessimo vedere la fine dei tempi, essa ci apparirebbe sfocata e indistinta, come una cosa posta direttamente davanti ai nostri occhi.
Questi, allora, sono i due grandi mali della natura umana: siamo scaduti da Dio alle cose create e cerchiamo la nostra gioia e ci riposiamo su di esse, ma in esse non vi è che il contrario, e cioè affanno; e siamo scaduti dal possesso dell’eternità, così che la nostra povera anima è confinata ai limiti ristretti del tempo.
Tutta la nostra attenta pianificazione serve soltanto a provvedere dei beni perituri per qualche tempo – nel caso di alcuni, per qualche giorno; al di là di questo, anche se vi è un domani senza fine, l’uomo non se ne rende conto o non provvede a esso. Tutto il suo vanto e la sua gloria sono fondati unicamente su una presuntuosa fiducia e un’infondata certezza della stabilità di queste cose per l’avvenire.
Il saggio ci dà questo consiglio di non vantarci del domani, fondato su una solida argomentazione tratta in parte dall’instabilità e dalla variabilità di tutte le cose esteriori nelle quali gli uomini si immaginano un’eternità di gioia e in parte dalla nostra ignoranza degli eventi futuri. Non sappiamo mai cosa un giorno possa produrre.
2. L’INCERTEZZA CI RENDE UMILI
Il vanto è un male così predominante tra gli uomini che è difficile individuarne uno più universale nel suo regno, più dannoso per noi o più sgradito a Dio. Di tutti i vanti, il più irrazionale e immotivato è quello che deriva dalla presunzione delle cose future, che sono tanto incerte sia di per sé sia per noi.
Nessuno è soddisfatto dei suoi beni presenti, senza qualche ulteriore speranza e aspettativa per il futuro. La povertà dello spirito umano e la vanità di tutte le cose di cui godiamo qui sono evidenti nel fatto che non soddisfano il cuore: il possesso di qualcosa nel presente non riempie il vuoto del cuore senza immaginare di possederne di più in futuro. Il cuore umano è insaziabile e non è in grado di riposarsi soddisfatto sulla sua gioia (senza qualche speranza e aspettativa futura) anche se possedesse tutto il mondo.
L’anima anticipa il domani e prende a prestito la gioia presente dall’anticipazione del futuro; eppure quando questo arriva, è probabile che non soddisferà le aspettative (Giobbe 11:18, 20 e 8:13). La speranza è come una casa per queste persone, ma per molti non è meglio di una ragnatela. In questo allora vediamo una chiara dimostrazione della follia e dell’insensatezza degli uomini, che si aggrappano disperatamente alle cose esteriori e permettono ai loro affetti di essere plasmati dalla grande varietà delle cose e degli eventi esteriori.
Non vi è niente di più irragionevole dell’infiammare le nostre passioni per quello che non possiamo scegliere, come la maggior parte delle cose future. Cosa succederà domani, quale sarà l’esito dei miei progetti e dei miei piani? Queste cose non sono sotto il mio controllo, ma dipendono dalle volontà, dai propositi e dalle azioni di altre persone e non sono in mio potere. Vantarsi o darsi pensiero per ciò che dipende da così tante cause al di fuori del nostro controllo e che non possiamo prevenire è incredulo e irragionevole (Matteo 6:25): questo vanto e ansia non possono né prevenire il male né procurare il bene.
Soltanto il presente è in nostro potere. Siamo già morti rispetto a ieri, poiché è passato e non può ritornare; è come se fosse sepolto nella tomba dell’oblio. Non siamo ancora nati rispetto a domani, poiché non è ancora venuto alla luce e non sappiamo se mai lo farà. Non conosciamo nulla al di là dell’ora presente: anche se ricordiamo il passato, la nostra conoscenza di esso non è pratica, in quanto che non può essere cambiato o migliorato; il futuro non è ancora nato per quanto ci riguarda, ed è come se nemmeno noi fossimo ancora nati per esso.
3. L’INCERTEZZA È L’UNICA COSA CERTA
Vi è una possibilità di esiti cosi infinita che è insensato presumere di vantarsi di qualcosa o riposarsi su di essa. Non vi è niente di certo eccetto che tutte le cose sono incerte – che sono tutte soggette a un moto, a una trasformazione e a un cambiamento continui. Quella che oggi è una città, domani sarà un mucchio di rovine; l’unica cosa che separa una grande città da un mucchio di rovine è un giorno, un uomo da nessuno è un’ora. La nostra vita è soggetta a infinite perdite e può ricevere un colpo fatale da parte della cosa più piccola e inaspettata; essa è una bolla che fluttua incessantemente sulle acque nel mezzo di una tempesta – tante povere creature morenti salgono in superficie, nuotano e galleggiano per un po’, e sono sballottate dal vento e dalle onde, e la minima folata di vento o goccia di pioggia la rimanda al suo elemento. Siamo un vapore che appare per un po’ di tempo, una creatura evanescente, un sogno, un’ombra e un’apparizione che non è che per un po’ di tempo e quindi svanisce, non tanto nel nulla, ma semplicemente scompare. Tutti gli affari degli uomini sono come i raggi di una ruota che si ripresentano di continuo: in questo costante ripetersi delle cose esteriori, chi può godere di una vera pace e serenità? Soltanto l’anima salda, che ha il suo centro in Dio e dimora in lui. Anche se i raggi possono muoversi in continuazione, il centro della ruota è fermo e non gira in maniera incontrollata.
4. L’INCERTEZZA È PER LA GLORIA DI DIO
Vi sono una sapienza e una bontà infinite nel modo in cui il Signore ordina tutte le cose. A un primo sguardo, le persone potrebbero pensare che sarebbe meglio se tutto accadesse in maniera uniforme così che tutti sapessero cosa aspettarsi; ma in questo Dio ha provveduto alla sua gloria e al nostro bene, riservando per sé stesso la potestà assoluta e la perfetta conoscenza di tutte le sue opere. Questo è per la sua gloria in quanto che le ordina con così tanta varietà che si possa vedere che procedono da lui.
5. L’INCERTEZZA È PER IL NOSTRO BENE
L’incertezza è per il nostro bene. Quale sarebbe l’uso di molte virtù e grazie cristiane, se così non fosse? A cosa servirebbe la pazienza se non vi fossero avversità? A cosa servirebbe la temperanza se non vi fosse prosperità? Se non vi fossero tutti questi cambiamenti e vicissitudini, come si farebbe a vedere qualità come la calma e la fermezza di spirito? A cosa servirebbero la contentezza e la tranquillità d’animo? Queste cose sono sono la quiete nella tempesta, non la quiete nella quiete (o altrimenti non sarebbero virtù). Se potessimo prevedere i vari esiti della provvidenza, questo stravolgerebbe completamente il nostro dovere. Chi adempirebbe al proprio dovere di affidarsi a Dio per coscienza nei confronti del suo comando? Così invece la nostra obbedienza è messa alla prova. Dobbiamo seguire una via che non conosciamo e sottometterci alla provvidenza onniveggente di Dio.
Dio ha ordinato il mondo in maniera tale che a nessuna grazia manca una ragione di essere esercitata, nessuna virtù può estinguersi per mancanza di combustibile o arrugginire per mancanza d’uso. Non vi è nessuna situazione che non offra un’opportunità di esercitare qualche grazia, e se certe grazie non possono essere esercitate a causa delle nostre afflizioni, egli apre comunque un portone per il rinnego di noi stessi, l’umiltà, la pazienza e la temperanza.
6. L’INCERTEZZA CI FA RIVOLGERE LO SGUARDO ALL’ETERNITÀ
Anche la natura stessa del mondo materiale ci mostra chiaramente queste verità. Quando abbassate lo sguardo, non vedete niente se non la parte esteriore della terra, la sua superficie, e il vostro sguardo si ferma lì; ma alzate lo sguardo e non vi sono limiti o niente che lo fermi – soltanto spazi infiniti, tutti limpidi e trasparenti. Questo ci mostra che dovremmo avere in mente le cose di lassù, non quelle che sono sulla terra. Sulla terra non vi sono che l’apparenza esteriore e la superficie delle cose, e la gloria e la bellezza della terra non sono che superficiali; ma le cose celesti sono tutte trasparenti e non vi è niente a frenare gli affetti – esse sono infinite e noi possiamo crescere infinitamente verso di esse.
Dio ha fatto tutte le cose temporali scure e opache, come la terra. Guardate a esse e ne vedrete soltanto la parte esteriore, l’ora presente, senza sapere cosa vi sia al di là di essa più di quanto possiate vedere le profondità della terra; ma l’eternità è tutta trasparente e pure infinita. È per questo che Dio ci ha fatti ciechi alle cose della terra, affinché non ci affezionassimo o accontentassimo di esse, e ha dischiuso e dispiegato l’eternità davanti ai nostri occhi nelle Scritture, affinché in esse potessimo scoprire e comprendere la nostra condizione eterna. Egli ha chiuso e sigillato le cose temporali e vuole che viviamo in relazione a esse facendo affidamento su di lui per quanto le riguarda senza darcene ansiosamente pensiero.
7. L’INCERTEZZA CI MOSTRA LA VERA CONTENTEZZA
Nessuno può trovare alcuna soddisfazione nel godimento delle cose del presente (senza sperare sempre nel futuro) finché non possiede pienamente Dio come suo bene onnisufficiente (Salmo 4:6); senza di questo, nemmeno le cose più grandi ci renderanno contenti, perché che importanza hanno per una persona se non ha nessuna certezza riguardo al futuro? Mentre con questo possiamo essere contenti anche con le cose più piccole. Le cose più grandi, senza speranze o aspettative, ci riempiono più di affanno che di gioia, e più sono grandi più aumenta l’affanno; le cose più piccole, con grandi speranze e aspettative, danno più soddisfazione. Tutta l’umanità guarda al domani e cerca di sopperire a quello che non ha nel presente con la speranza o la fiducia nel futuro.
8. L’INCERTEZZA CI FA SPERARE
Dovreste cercare di compiere ciò che manca alle cose presenti con quella grande speranza, la speranza della salvezza, che sarà come un elmo a protezione della vostra testa in ogni difficoltà (1 Pietro 1:3; Ebrei 6:18-19; Romani 5:5). Certo, le aspettative degli altri di guadagno e altre cose attenuano fino a un certo punto il dolore per ciò di cui mancano nel presente; ma è anche vero che questa speranza non scaccia ogni dolore dal cuore, ma lo lascia pieno di affanno. Il frequente insuccesso di questi progetti e piani di guadagno, onore e piacere, unitamente alla loro estrema inadeguatezza a soddisfare i desideri e le speranze dell’anima, anche quando raggiunti, devono generare una quantità infinitamente maggiore di ansia e affanno nello spirito. Se volete che le vostre anime siano veramente rinsaldate e non dipendano incertamente dal domani (come fa la maggior parte delle persone) guardate al di là del domani, al giorno senza fine dell’eternità al quale non segue nessun domani. Guardate al fondamento che potete mettervi in serbo per quell’avvenire (1 Timoteo 6:16-19): se volete avere un fondamento di gioia duratura, perché mai dovreste andare a cercare la gioia duratura in cose effimere, la gioia certa in ricchezze incerte e la vera contentezza in cose vane? Perché piuttosto non l’andate a cercare nel Dio vivente, la fonte inesauribile di ogni bene? Non dobbiamo «riporre la [nostra] speranza nell’incertezza delle ricchezze, ma nel Dio vivente» (1 Timoteo 6:17).
Dobbiamo fare del bene ed essere ricchi in buone opere, mettendo in serbo per noi stessi un buon fondamento per l’avvenire (1 Timoteo 6:18-19). L’eternità è l’unico tempo degno di essere chiamato tempo. Impegnarsi a fare del bene ed essere ricchi in buone opere, in opere di pietà, misericordia, giustizia e temperanza è un fondamento migliore per l’avvenire. Ricevete e fate vostra la promessa della vita eterna, quella promessa di vita gratuita e piena di grazia che troviamo nel Vangelo, per sopperire a ciò che manca alle gioie presenti. La preziosa speranza della vita eterna non può deludere.
9. L’INCERTEZZA DOVREBBE INDURCI A SOTTOMETTERCI ALLA VOLONTÀ DI DIO
Ma la maggior parte delle persone, come lo stolto della parabola (Luca 12:13-21), hanno messo da parte qualcosa per molti anni oppure i loro piani e progetti si protraggono per molto anni. La verità è che queste persone traggono più piacere dall’aspettativa di queste cose che dal possederle realmente; ma quel piacere è soltanto immaginario. Quanti piani e pensieri si susseguono continuamente nel cuore dell’uomo – come arricchirsi, come aumentare il proprio guadagno o la propria reputazione? Le persone costruiscono castelli in aria e si immaginano, per così dire, nuovi mondi di cose che sono meramente possibili. Tutti si creano delle fantasie come se fossero in controllo di tutto, quindi ci vantiamo nella fiducia di tali fantasie come se non vi fosse un Signore supremo che governa direttamente i nostri affari come governa i venti e le piogge.
L’insensatezza di questo comportamento è evidente nel fatto che non sappiamo cosa un giorno possa produrre. Vi è tanta variabilità in tutte le cose e tanta ignoranza in noi da frenare il nostro vanto. L’apostolo Giacomo fa riferimento alle risoluzioni e ai propositi dei ricchi di trarre profitto dal commercio (4:13-16): questi sono i piani nei cuori degli uomini, per ottenere più guadagno e gloria o più piacere e agio.
Questa non è una condanna dell’attenzione e diligenza nel fare uso di mezzi leciti per le cose di questa vita, o di una saggia e prudente previdenza nell’ordinare i nostri affari: entrambe queste cose sono spesso lodate dal saggio (Proverbi 6:6 e 24:27) – l’iniquità consiste nel comportarci come se fossimo in controllo e senza pensare al sovrano dominio universale di Dio. Non è l’uomo che cammina a dirigere i propri passi (Geremia 10:23; Proverbi 16:19).
Dio non è vincolato da nessuna regola a conformare le sue azioni alle nostre intenzioni: egli opera tutte le cose secondo il consiglio della sua volontà, non della nostra (Efesini 1:11; Proverbi 16:9; 19:21). I passi dell’uomo sono dall’Eterno; come può quindi l’uomo conoscere la propria via? (Proverbi 20:24). Dovremmo sempre dire e pensare: «Se piace al Signore». Non sappiamo cosa succederà domani perché la nostra vita è un vapore: potete formulare piani per domani, per l’anno prossimo, per gli anni a venire, e tuttavia non sapete se domani esisterete ancora. Quanto sono ridicole queste cose se non sono fatte con umiltà, dipendendo da Dio e sottomettendosi a lui.
Hugh Binning (1627–1653) era un giovane pastore e insegnante di filosofia presso l’Università di Glasgow, autore di diversi scritti e benvoluto per le sue doti di predicatore e insegnante.