
Di John G. Lorimer.
(da Il diaconato)
Per quanto chiaramente si possa riconoscere l’autorità divina della carica di diacono, rimane una domanda assai importante: quali sono le qualifiche per l’adempimento dei doveri di questa carica? Senza di esse, la carica degenera in un titolo senza significato. Fortunatamente, conosciamo la risposta alla nostra domanda. La Scrittura è assai dettagliata al riguardo e la cosa migliore che possiamo fare, nelle osservazioni che seguono, è spendere qualche parola a proposito dei suoi requisiti. Il semplice fatto che tante delle qualifiche che la Scrittura richiede nel caso del diacono essa richieda anche in quello dell’anziano o del pastore è una chiara dimostrazione della grande importanza e stima di cui gode questa carica. Certamente non può essere appropriato che noi, o qualsiasi chiesa cristiana, trascuriamo ciò che la Parola di Dio raccomanda così vigorosamente: è impensabile che tante pagine ispirate siano state scritte invano! Non c’è dubbio che i doni soprannaturali, nella chiesa delle origini, sopperissero ad alcune qualità che ora vanno ottenute tramite mezzi ordinari, come una formazione adeguata per far fronte alle faccende della vita di tutti i giorni. È dato per scontato che i diaconi possiedano questa misura di conoscenza e i suoi strumenti. Senza di essi, sarebbero ovviamente inadatti alla gestione degli affari dei poveri e della chiesa. Tali affari, senza fare riferimento a niente di più, richiedono della matematica. Si può aggiungere che non è sufficiente possedere in misura considerevole alcune delle qualità, ma è necessario che l’individuo goda di una porzione adeguata di esse tutte: altrimenti non può essere un buon diacono, sia in una chiesa di città o di campagna.
Le qualifiche dei diaconi
Passiamo ora alle qualifiche che la Scrittura ha descritto in dettaglio. Al momento dell’istituzione originaria della carica, ne furono menzionate tre. I sette diaconi dovevano essere uomini, in primo luogo, dei quali si avesse buona testimonianza; in secondo luogo, pieni di Spirito Santo; in terzo luogo, di sapienza. In un caso dal quale ovviamente dipendevano la pace della chiesa e il benessere dei suoi membri individuali, un carattere superiore era essenziale. Era necessario, anzitutto, che i diaconi fossero uomini di dimostrata integrità, di un’onestà che fosse al di sopra di ogni sospetto. A loro andava affidata la gestione del denaro e di altri interessi delicati, rispetto ai quali gli altri uomini erano particolarmente gelosi; pertanto era necessario non solo che fossero onesti, ma anche che si avesse buona testimonianza di loro, affinché godessero di una buona reputazione tra i membri della chiesa e nella società in generale. Anche se un uomo possiede la più rigorosa integrità in cuore e condotta, tuttavia se non mantiene una reputazione irreprensibile agli occhi degli altri non è idoneo al diaconato. In secondo luogo, essi dovevano essere uomini pieni di Spirito Santo, uomini di chiara devozione, sotto l’insegnamento e la grazia santificante dello Spirito. Questo è essenziale per alimentare quell’attività, amore, fedeltà, zelo e perseveranza che i doveri della carica richiedono. È soltanto una devozione genuina che, anno dopo anno dopo anno, manterrà la sensibilità del cuore nei confronti dei poveri in mezzo a prove e difficoltà e sosterrà il diacono nell’incessante e a volte ingrata cura della casa di Dio. Infine, egli deve essere un uomo pieno di sapienza, di discernimento e prudenza, che non si lascia trasportare dall’impulso dei propri sentimenti, ma che è in grado di giudicare con intelligenza tra casi di indigenza reali e fittizi, la proporzione e la maniera in cui la carità dovrebbe essere dispensata, il consiglio migliore che le circostanze non soltanto dei poveri, ma della chiesa in generale, possono richiedere in situazioni complesse. Queste erano le qualifiche generali richieste dagli apostoli, e non furono richieste invano: immediatamente furono trovati sette uomini che le possedevano tutte. In Stefano e Filippo, le uniche persone delle quali viene fatta menzione anche più avanti, lo sviluppo del loro carattere spirituale e utilità è assai interessante. I loro nomi sono sufficienti a fare onore al nuovo ordine dei diaconi.
Ma passiamo dalla prima enunciazione di queste qualifiche a una successiva, descritta in dettaglio da Paolo nel terzo capitolo della sua prima epistola a Timoteo. Qui sono descritte più minuziosamente, ma non vi è nessuna contraddizione con quella precedente.
- I diaconi dovevano essere dignitosi: non austeri o imbronciati, ma caratterizzati da una dignitosa serietà. Vi sono poche cose più dannose per l’influenza di un cristiano, o che meno si addicono a una persona il cui compito è quello di far fronte a casi di difficoltà e difficoltà cristiana, della frivolezza o anche di troppa allegria e spensieratezza. Tutti si rendono istintivamente conto che questo è disdicevole. Non mette mai in buona luce il Vangelo o la chiesa cristiana agli occhi di nessuno.
- Non devono essere doppi nel parlare; in altre parole, devono essere sinceri. Un diacono, per avere sollievo dai fastidi a volte collegati all’adempimento dei propri doveri, può essere tentato di allontanare i poveri con parole insincere, di dire una cosa a una persona e l’opposto a un’altra. Inoltre, può anche rischiare di fare delle promesse al pastore e non mantenerle. Questo è giustamente fatale per il suo carattere e utilità. Impedisce la fiducia e genera disprezzo. Il diacono, dunque, deve essere sincero.
- Non è meno essenziale che sia temperante. Essendosi da poco lasciati alle spalle le corruzioni del paganesimo, non pochi cristiani delle origini erano esposti a tentazioni che di certo non ci aspetteremmo di trovare associate al nome di funzionari della chiesa. Il diacono non deve essere propenso a troppo vino. La sua carica può a volte richiedere che egli partecipi a funzioni sociali, ma deve evitare ogni tendenza all’eccesso. L’intemperanza non si limita a distruggere la reputazione della persona e renderla inidonea all’adempimento dei doveri della carica, ma ne guasta anche il carattere religioso, la rende inidonea alla devozione e la espone a una moltitudine di altri peccati. Chi riesce a immaginare una cosa più sconveniente di un ubriacone che distribuisce l’elemosina ai cristiani più poveri e svolge un ruolo di spicco nella gestione degli affari materiali della casa di Dio, pagando il ministro e via dicendo?
- Non deve essere avaro o avido di illeciti guadagni. Somme considerevoli passano per le mani del diacono per le necessità dei poveri e della chiesa. Egli troverà, se le desidera, innumerevoli opportunità di appropriazione indebita e malversazione; per cui è importante che sia superiore alle tentazioni dell’avarizia, sia per se stesso, sia per incoraggiare i membri della chiesa a dare con generosità. Non c’è bisogno di evidenziare l’incongruenza di un diacono dal cuore di pietra e spilorcio, che affama i poveri e tiene il ministro in uno stato di incertezza economica, mentre si arricchisce segretamente. Quale carattere può essere più odioso? Quale spirito più fatale per tutto ciò che merita il nome di religione?
- Deve avere una buona conoscenza delle dottrine del Vangelo. Questo è il significato di “custodire il mistero della fede”. Le sue qualifiche precedenti implicano che abbia una certa conoscenza della verità di Dio, ma la sua conoscenza deve essere di un tipo superiore. Egli deve avere un’intima conoscenza del Vangelo della salvezza per essere in grado di parlarne e presentarlo agli altri, specialmente quando distribuisce tra di loro i doni della carità. Un diacono intelligente e devoto può, nell’elargire la sua elemosina, farla predicare, partendo dal cibo che perisce per ascendere al vero pane che viene dal cielo e conferendo agli indigenti doni migliori del denaro.
- La conoscenza del Vangelo non è però sufficiente. La chiesa cristiana tende a errare riguardo al carattere spirituale dei diaconi. Tracciando una giusta distinzione tra la loro carica e quella dell’anziano, essa può a volte essere tentata di parlarne come se un buon carattere morale, indipendentemente dalla devozione personale, fosse sufficiente per il diaconato; ma questo è un grave errore. Anche se la carica di anziano richiede un’eccellenza cristiana di tipo superiore, ogni carica all’interno della chiesa richiede e dovrebbe dimostrare una chiara devozione. Non solo questa è indispensabile per il diaconato in quanto tale, ma perché il diaconato può essere un gradino verso una carica superiore. Ecco, dunque, il perché della decisione e delle qualifiche apostoliche. Il diacono ben qualificato deve custodire il mistero della fede “in una coscienza pura”. Egli deve essere vigorosamente e coscienziosamente devoto a tale mistero, e non abbandonarlo per niente e nessuno: in breve, deve essere coscienzioso e risoluto. Quale conforto per un pastore fedele è sentirsi attorniato da tali diaconi! Quale forza un funzionario di questo tipo impartisce alla chiesa e ai propri collaboratori, mentre i poveri non hanno da soffrire! E quanto anche la profonda e inalterabile impressione della verità del Vangelo sul suo cuore deve sostenerlo nelle difficoltà e perplessità, e incoraggiarlo a perseverare nella sua opera!
- Il diacono deve essere provato prima di assumere il suo incarico. Questa carica è assai importante e comporta grandi responsabilità. Non tutti sono qualificati per adempire ai suoi doveri, e tuttavia questa inidoneità può non essere subito evidente. Ecco, allora, l’utilità di un periodo precedente di prova. Il fatto stesso del ricorso a tale periodo di prova proclama la serietà dei doveri della carica e fa sì che la chiesa goda sempre dei servizi dei funzionari più abili. Sembra sia sottinteso che il diacono sia un uomo più giovane dell’anziano. Per questo motivo Moshiem e altri ritengono che νεοτεροι, “giovani uomini”, faccia riferimento ai diaconi. Questo fa sì che qualsiasi avversione a un periodo di prova preliminare sia meno sentita.
- Il diacono deve essere il marito di una sola moglie. Questo non significa che debba sempre essere sposato (anche se un uomo che ha diretta esperienza dei legami della famiglia comprenderà meglio le difficoltà familiari dei poveri), ma che quando è sposato non deve avere che una moglie. Può sembrarci strano che un’esortazione del genere sia necessaria nel caso di qualsiasi funzionario della chiesa, ma dobbiamo ricordare che la gran parte dei primi cristiani consisteva di coloro che fino a poco tempo prima erano stati pagani. Date le circostanze, vi era non poco pericolo che anche degli uomini rinnovati mantenessero o dessero poco peso a usanze pagane assai disonorevoli per il cristianesimo. Ecco, dunque, il perché della qualifica in considerazione. È superfluo aggiungere che la grande legge originale del matrimonio, vincolante in ogni epoca, prevede una moglie per marito; che non vi è nessuna approvazione della poligamia nella Parola di Dio; che la maggior parte di coloro che la praticarono ai tempi dell’Antico Testamento ne soffrirono le conseguenze; che vi è soltanto un caso registrato nei prima duemila anni della storia dell’umanità, e apparentemente associato al peccato e all’indignazione di Dio. Anche se la pratica fosse lecita, è evidente che sarebbe assai ingiustificabile nel caso di un diacono, e richiederebbe tempo e attenzioni che dovrebbero essere dedicate agli interessi dei poveri e della chiesa. Inoltre, indipendentemente da altre considerazioni, sarebbe la causa di molti gravi mali.
- L’ultima qualifica caratteriale che è richiesta al diacono è che governi bene la propria famiglia, “i loro figli e le loro famiglie”. Questa può sembrare una materia di poco conto nel caso di un servitore pubblico della chiesa, ma come indicatrice di carattere e tendente all’utilità della persona è assai importante. Il diacono è, in una certa misura, un governante; ed è il principio della provvidenza di Dio preparare gli uomini per una posizione di responsabilità superiore mediante il precedente successo in una inferiore. Coloro che danno una buona dimostrazione di sé nelle relazioni della vita più umili saranno reputati meglio qualificati per quelle più elevate. Ecco, allora, perché è importante che i diaconi governino bene le proprie famiglie. Il buon governo delle proprie famiglie li preparerà a essere utili agli altri. Ma c’è dell’altro. Vi sono poche cose che, agli occhi del mondo, screditano il capo di una famiglia più del non avere autorità a casa e allevare una famiglia di bambini turbolenti e odiosi. Gli uomini del mondo spesso si vantano, a questo riguardo, della loro buona gestione della propria famiglia e non sopportano nessuna mollezza e indisciplinatezza da parte di coloro che professano la fede cristiana, e specialmente da parte dei funzionari della chiesa. Poche cose mettono la religione e i suoi amici in buona luce più dell’eccellenza nei relativi doveri della vita. Non c’è dunque da stupirsi che Paolo riassuma le qualifiche del diacono con il buon governo della propria famiglia.
Queste sono le qualifiche scritturali per la carica di diacono; e, nel loro complesso, che carattere interessante e stimabile formano, e quanto importante e utile alla chiesa e alla società! Per quanto numerose, esse non sono rare o inaccessibili nella chiesa cristiana. Solida devozione, intelligenza, talento per gli affari, sensibilità nei confronti dei poveri e buon governo a casa ne comprendono i punti principali. Una volta che questi sono presenti in buona misura, nessuna persona che è chiamata alla carica dovrebbe esitare ad accettare. Nessuno disprezzi la carica. Evidentemente l’apostolo Paolo la considera di grande valore; e per quanto importante, insegna al diacono ad aspirare a una sfera di maggiore utilità, ingiungendo ai diaconi di dimostrarsi, mediante la loro diligenza, intelligenza, zelo, perseveranza e altre buone qualità, approvati e idonei per le cariche più elevate e spirituali della chiesa, quelle di anziano e pastore. Egli vuole che in tal modo essi “si acquistino un grado onorabile”. Sicuramente il fatto che sia non solo in sé buona, ma un gradino e una preparazione per un bene maggiore, fa onore alla carica di diacono.
Le modalità di nomina alla carica
Unitamente alle qualifiche, possiamo parlare brevemente delle modalità di nomina alla carica. Queste due cose vanno di pari passo. Una delle ragioni per cui le qualifiche sono spiegate così dettagliatamente nella Scrittura è non solo affinché il diacono sia istruito quanto ai suoi doveri, ma che alla chiesa cristiana sia insegnato quale tipo di uomini essa dovrebbe chiamare alla carica. Fortunatamente, niente può essere più chiaro della testimonianza della Scrittura riguardo alle modalità della nomina. Vi può essere diversità di opinione relativamente ad altre cariche, ma non relativamente al diaconato; e molti giudicheranno che questo presenta il principio sulla base del quale si dovrebbe nominare a tutte le cariche permanenti della chiesa in modo così evidente da fugare ogni diversità di opinione a proposito di esse tutte.
Quando fu necessario istituire il diaconato, come procedette il grande Capo della chiesa? I suoi apostoli ispirati erano presenti e avrebbero potuto, in virtù dei loro doni spirituali, uno dei quali era il discernimento degli spiriti, indicare facilmente gli uomini meglio qualificati. È questa la modalità che è stata impiegata? No. Gli apostoli invitarono i membri della chiesa, i comunicandi, a votare; e questo nonostante fossero stati raccolti in una chiesa da così poco tempo che difficilmente si sarebbe potuto supporre che si conoscessero sufficientemente gli uni gli altri. Allora vale la pena di ricordare che essi erano chiamati a giudicare, non in merito a qualifiche ordinarie, alla semplice onestà e generale decenza delle persone interessate, ma a qualifiche spirituali, se erano uomini pieni di Spirito Santo e sapienza divina e dei quali si avesse buona testimonianza. Qui, allora, alla presenza degli apostoli, fu richiesto ai membri della chiesa cristiana, nonostante avessero soltanto una conoscenza parziale gli uni degli altri, di giudicare in merito a qualifiche spirituali. Che cosa potrebbe insegnarci meglio il modo in cui lo Spirito di Dio vuole che gli uomini siano eletti al diaconato? Questo episodio non riconosce, e per di più in circostanze non ideali, la capacità del corpo dei fedeli di giudicare in merito al carattere spirituale delle persone interessate? E stando così le cose, perché mai questo principio dovrebbe essere escluso in certi casi? Non solo gli apostoli non nominarono essi stessi i diaconi, né esortarono gli anziani o i cristiani più noti e influenti a eleggerli, ma ne affidarono la scelta interamente ai membri della chiesa cristiana, per quanto umili e poveri; e così facendo furono delusi dal risultato? Il corpo dei fedeli precipitò in fazioni, divisioni e confusione? Scelse degli uomini inadatti, degli uomini la cui inidoneità ai doveri della carica era così evidente che gli apostoli ritennero necessario interporre la loro autorità e impedire che la nomina fosse finalizzata? No. La loro scelta fu caratterizzata dalla massima sapienza. Non abbiamo ragione di credere che gli apostoli avrebbero potuto migliorarla. Filippo, il quale si comportò così decorosamente da raggiungere in seguito l’alta distinzione di essere un evangelista, un funzionario straordinario della chiesa, il compagno e assistente degli apostoli, era uno di loro; e Stefano, il primo e potremmo dire il più illustre dei martiri, allo stesso tempo mite ed eroico e riconosciuto divinamente, era un altro dei sette. Si osservi, allora, come il corpo dei fedeli scelse ammirabilmente; e se i fedeli non sono dei giudici qualificati per eleggere i propri diaconi al giorno d’oggi, non è chiaro che i casi non possono essere che due, o che i cristiani al giorno d’oggi non sono ciò che erano i cristiani delle origini, o che sono denigrati? A ogni modo, la chiesa non ha l’autorità di negare ai fedeli un privilegio che lo Spirito di Dio ha loro conferito e che la storia e l’esperienza dimostrano che sono ampiamente capaci di esercitare correttamente.
È un fraintendimento della questione dire che agli uomini si possono affidare con sicurezza quelle elezioni che hanno a che fare con la proprietà, ma che non sono affidabili quando si tratta di chiamare a una carica spirituale. Questo ragionamento dà per scontato che l’amore degli uomini per il denaro impedirà loro di fare una scelta sbagliata, una scelta che rischierebbe di metterlo a repentaglio. Ma così si dimentica che la proprietà nel caso in considerazione non era la proprietà degli individui ma della chiesa, di un corpo numeroso; e l’esperienza può attestare se le nomine a questo tipo di incarico sono sempre scrupolose ed esatte. Inoltre, le qualifiche in merito alle quali gli apostoli chiesero al corpo dei fedeli di giudicare non erano qualifiche relative semplicemente agli affari e alla proprietà, ma qualità morali e spirituali.
Anche se vi può essere poco dubbio che la nomina alla carica di diacono, finché ne era mantenuto il carattere scritturale, era originariamente analoga a quella alla carica di pastore o anziano, attraverso la chiamata popolare della chiesa, tuttavia questa disposizione non sembra essere stata osservata in tutte le chiese della Riforma. Dai regolamenti delle chiese francesi e olandesi del diciassettesimo secolo sembrerebbe che al momento dell’istituzione originaria del diaconato la nomina spettasse al corpo dei fedeli, ma che in seguito tale disposizione potesse essere rispettata attraverso la nomina da parte del concistoro, soggetta all’approvazione della congregazione. In altre chiese la pratica era differente. Il primo manuale per l’organizzazione della chiesa di Scozia del 1560 prevedeva la libera elezione da parte del corpo dei fedeli, e la confessione di fede belga del 1566 seguiva la stessa disposizione:
Crediamo che i ministri della parola di Dio, gli anziani e i diaconi devono essere eletti nei loro uffici mediante elezione legittima della chiesa, con l’invocazione del nome di Dio, con ordine, come la parola di Dio insegna. Ciascuno dunque deve fare ben attenzione a non intrufolarsi con mezzi illeciti, ma deve attendere il tempo in cui sia chiamato da Dio, affinché abbia la testimonianza della sua vocazione, per essere certo e assicurato che essa è dal Signore.
Indipendentemente dalla modalità dell’esercizio più o meno pieno della chiamata popolare, la designazione e ordinazione alla carica spettavano unicamente agli organi regolari della chiesa. Così era al tempo degli apostoli. I fedeli scelsero i diaconi e li presentarono agli apostoli, ma non si spinsero oltre e non ordinarono i sette. Questa responsabilità fu lasciata agli apostoli e ai loro successori nel ministero, come spettante a loro. Le seguenti osservazioni a proposito di questo punto del compianto reverendo dott. Dick, professore di teologia della United Secession Church, sono giuste e opportune.
Il diritto dei fedeli non andava oltre all’elezione dei diaconi. Essi non avevano nessun potere da esercitare nella loro nomina alla carica. La loro designazione a essa e la loro investitura con autorità per assolverne ai doveri erano di competenza degli apostoli. «Cercate di trovare fra di voi sette uomini […] ai quali affideremo questo incarico». È l’ordinanza di Cristo che a coloro che ricoprono qualsiasi carica all’interno della chiesa l’autorità sia trasmessa da lui, la fonte originale di quell’autorità, mediante il tramite dei suoi ministri e governanti. L’esclusione dei membri privati della chiesa da qualsiasi partecipazione a tale trasmissione è chiaramente evidenziata nel passaggio in considerazione. I limiti sono tracciati in modo netto: il corpo dei fedeli eleggeva e gli apostoli nominavano. Non leggiamo mai nelle Scritture che vi è un potere riposto nella chiesa in generale di predicare il Vangelo, amministrare i sacramenti e governarsi. Questo potere è stato affidato ad apostoli, profeti, evangelisti, pastori e dottori, che Gesù Cristo ha dato alla chiesa come un sovrano assoluto delega la sua autorità a certe persone che sono insignite di quei titoli ed esercitano quelle funzioni che gli pare opportuno conferire loro (Efesini 4:12; 1 Corinzi 12:28). Quando c’è da formare una società su base volontaria, i membri per prima cosa si riuniscono e determinano quale sarà la sua forma di governo e chi saranno i suoi governanti; ma nel caso della chiesa i governanti precedevano la società. La chiesa cristiana non era esistente quando gli apostoli ricevettero il loro mandato, e coloro che al giorno d’oggi ne esercitano il governo sono i loro successori in tutte le cose relative alla loro carica che non erano straordinarie. È evidente, pertanto, che il loro potere non deriva dal corpo dei fedeli, a meno che non si possa addurre una legge esplicita che alteri la costituzione originale e disponga che, anche se gli apostoli ricevettero le chiavi del regno direttamente da Cristo e i primi funzionari derivarono il loro potere dagli apostoli, tale potere sarebbe stato in seguito trasmesso alla chiesa nel suo complesso. (Lezioni sugli Atti degli apostoli).
Fonte: Dominion pubblico. Il Diaconato, di John G. Lorimer.
Tradotto da A.P.